I giorni passavano sempre uguali, il clima diventava sempre più freddo, le notti più lunghe. A sera eravamo ospitati qualche volta dai contadini, vedevamo quelle famiglie patriarcali, serene, unite ed il pensiero andava alla nostra, lontana ed esposta al nemico ed alle bombe. Anche lì la guerra pesava col suo incubo, già a marzo i tedeschi avevano sparso il terrore. Anche in quei giorni di novembre gli uomini che venivano da Mondovì parlavano di preparativi, di minacce di rastrellamenti. Da un giorno all'altro la bufera poteva abbattersi anche su Fontane e spazzarci via ancora una volta.
A sera qualche volta sentivamo la radio al comando della V Brigata ["Luigi Nuvoloni"]: Radio Monteceneri, Londra, Roma: le eterne notizie, pioggia, maltempo, tregua su tutti i fronti, l'invito del generale Alexander, comandante del fronte alleato in Italia, ai partigiani di cessare la lotta, l'invito del Governo della Repubblica Sociale ai partigiani di arrendersi, piena amnistia per tutti quelli che si fossero presentati alle autorità della Repubblica entro il 4 novembre [1944], anniversario della Vittoria. Era il secondo invito fascista perché la guerra civile avesse termine, questa volta il momento era meglio scelto che non in maggio, la situazione militare e psicologica era cambiata. A me spiacque questo secondo invito, non tanto perché pensassi che avesse influenza sui compagni: anche coloro che avevano deciso di lasciarci avrebbero avuto la prudenza od il pudore di non arrendersi alle autorità repubblicane. Sentivo invece confusamente che la tragica partita che era in gioco fra noi e loro veniva alterata nelle sue regole. Avevamo accettato di pagare con la vita in caso di cattura, avevamo pagato e pagheremo ancora. Eravamo inferiori e sapevamo che lo saremmo stati ancora per molto, però alla fine sarebbe ben venuto il momento nostro, ed allora avrebbero pagato loro e tutto in una sola volta.
Ora i fascisti, nel momento in cui erano più forti, ci offrivano la vita in caso di resa per la seconda volta, non dovremo noi fare altrettanto quando alla fine saremo i più forti? Noi ora non ci attendiamo e quindi non traiamo vantaggio della clemenza nemica, ciò però ci esenterà dall'essere clementi a nostra volta domani? Avrei fatto a meno volentieri anche di questo problema.
Qualche volta alla sera dopo cena ci riuniamo al comando e passiamo assieme qualche ora parlando, cantando, discutendo di politica.
Ricordo le parole di Mario [Carlo De Lucis] in una sera di ottobre: «Ora questa vita dura ci pesa e pensiamo al passato, pure verrà un giorno che ricorderemo questi tempi con orgoglio e forse con nostalgia. Son sicuro che allora molti saranno i garibaldini disposti a tornare sotto i vecchi capi, sotto le vecchie bandiere a rivivere questa vita... ». Quanti di coloro che c'erano quella sera caddero nel lungo inverno? Quanti dei sopravvissuti pensano con orgoglio a quel passato?
Mario era commissario della I Brigata ["Silvano Belgrano"], ma lo rimase ancora per poco: ai primi di novembre vennero formati i nuovi quadri. I resti del comando della Cascione stavano affluendo a Fontane cercando penosamente di ricostruire servizi, uffici, organizzazione, ma ormai, dopo il colpo di Upega era impossibile tornare ad essere quelli di una volta. Oltre al materiale perduto mancavano gli uomini e la volontà. Curto [Nino Siccardi, comandante della Divisione Cascione, e da dicembre, invece, della I^ Zona Operativa Liguria], arrivato dalla Liguria, provvide alle nuove nomine. Il posto di commissario della Cascione, dopo la morte di Giulio [Libero Briganti] passava a Mario. Vicecommissario diventa Miliani [Beniamo Miliani], già capo dell'Ufficio Agitazione e Propaganda della I Brigata. Cion [Silvio Bonfante], vicecomandante della Cascione [n.d.r.: caduto nel corso della tragica ritirata dei partigiani imperiesi dell'ottobre del 1944], viene sostituito da Giorgio [Giorgio Olivero che nel successivo mese di dicembre 1944 divenne comandante della nuova Divisione partigiana Bonfante]. La Divisione ["Felice Cascione"] ha quindi Curto e Giorgio, Mario e Miliani. Comandante della I Brigata diventa Mancen [Massimo Gismondi], già vicecomandante, la carica vacante passa a Pantera [Luigi Massabò], già capo di Stato Maggiore, il cui posto verrà ricoperto da Pablo [Ercole Pario], già mio superiore nell'Ufficio Operativo che viene soppresso. Commissario della I brigata diventa Osvaldo [Osvaldo Contestabile] che lascia la V Brigata. Vicecommissario sarà Socrate che in ottobre, quando era commissario del distaccamento I. Rainis, aveva effettuato un brillante colpo di mano sulle caserme di Diano Marina. II posto rimase vacante perché Socrate [Francesco Agnese] doveva essere in Val Pennavaira col suo distaccamento, ma purtroppo le nostre speranze erano infondate: Socrate era morto ad Upega.
Contemporaneamente vennero rimaneggiati i servizi: Boris [Gustavo Berio], responsabile S.I.M. della Cascione, è con la IV Brigata ["Elsio Guarrini"]. Achille diventa il viceresponsabile per il Piemonte ed il S.I.M. di brigata passa a Nenno e Rinaldo.
Difficile ed inutile sarebbe seguire tutte le nomine e i cambiamenti che nessuno allora avvertì, tranne gli interessati diretti. Purtroppo la debolezza non era nei capi che si potevano mutare ma nel clima, nel morale, nell'armamento.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 18-19