mercoledì 26 aprile 2023

Era il secondo invito fascista perché la guerra civile avesse termine

Piaggia, Frazione di Briga Alta (CN). Fonte: Wikipedia

A Piaggia [Frazione di Briga Alta (CN)], ed ancor più a Fontane [Frazione di Frabosa Soprana (CN)], i partigiani [n.d.r.: appena sfuggiti al grande rastrellamento nemico di ottobre 1944] parlavano fra loro della famiglia e della vita passata con nostalgia. Per la prima volta nelle loro parole si sentiva il rimpianto.
I giorni passavano sempre uguali, il clima diventava sempre più freddo, le notti più lunghe. A sera eravamo ospitati qualche volta dai contadini, vedevamo quelle famiglie patriarcali, serene, unite ed il pensiero andava alla nostra, lontana ed esposta al nemico ed alle bombe. Anche lì la guerra pesava col suo incubo, già a marzo i tedeschi avevano sparso il terrore. Anche in quei giorni di novembre gli uomini che venivano da Mondovì parlavano di preparativi, di minacce di rastrellamenti. Da un giorno all'altro la bufera poteva abbattersi anche su Fontane e spazzarci via ancora una volta.
A sera qualche volta sentivamo la radio al comando della V Brigata ["Luigi Nuvoloni"]: Radio Monteceneri, Londra, Roma: le eterne notizie, pioggia, maltempo, tregua su tutti i fronti, l'invito del generale Alexander, comandante del fronte alleato in Italia, ai partigiani di cessare la lotta, l'invito del Governo della Repubblica Sociale ai partigiani di arrendersi, piena amnistia per tutti quelli che si fossero presentati alle autorità della Repubblica entro il 4 novembre [1944], anniversario della Vittoria. Era il secondo invito fascista perché la guerra civile avesse termine, questa volta il momento era meglio scelto che non in maggio, la situazione militare e psicologica era cambiata. A me spiacque questo secondo invito, non tanto perché pensassi che avesse influenza sui compagni: anche coloro che avevano deciso di lasciarci avrebbero avuto la prudenza od il pudore di non arrendersi alle autorità repubblicane. Sentivo invece confusamente che la tragica partita che era in gioco fra noi e loro veniva alterata nelle sue regole. Avevamo accettato di pagare con la vita in caso di cattura, avevamo pagato e pagheremo ancora. Eravamo inferiori e sapevamo che lo saremmo stati ancora per molto, però alla fine sarebbe ben venuto il momento nostro, ed allora avrebbero pagato loro e tutto in una sola volta.
Ora i fascisti, nel momento in cui erano più forti, ci offrivano la vita in caso di resa per la seconda volta, non dovremo noi fare altrettanto quando alla fine saremo i più forti? Noi ora non ci attendiamo e quindi non traiamo vantaggio della clemenza nemica, ciò però ci esenterà dall'essere clementi a nostra volta domani? Avrei fatto a meno volentieri anche di questo problema.
Qualche volta alla sera dopo cena ci riuniamo al comando e passiamo assieme qualche ora parlando, cantando, discutendo di politica.
Ricordo le parole di Mario [Carlo De Lucis] in una sera di ottobre: «Ora questa vita dura ci pesa e pensiamo al passato, pure verrà un giorno che ricorderemo questi tempi con orgoglio e forse con nostalgia. Son sicuro che allora molti saranno i garibaldini disposti a tornare sotto i vecchi capi, sotto le vecchie bandiere a rivivere questa vita... ». Quanti di coloro che c'erano quella sera caddero nel lungo inverno? Quanti dei sopravvissuti pensano con orgoglio a quel passato?
Mario era commissario della I Brigata ["Silvano Belgrano"], ma lo rimase ancora per poco: ai primi di novembre vennero formati i nuovi quadri. I resti del comando della Cascione stavano affluendo a Fontane cercando penosamente di ricostruire servizi, uffici, organizzazione, ma ormai, dopo il colpo di Upega era impossibile tornare ad essere quelli di una volta. Oltre al materiale perduto mancavano gli uomini e la volontà. Curto [Nino Siccardi, comandante della Divisione Cascione, e da dicembre, invece, della I^ Zona Operativa Liguria], arrivato dalla Liguria, provvide alle nuove nomine. Il posto di commissario della Cascione, dopo la morte di Giulio [Libero Briganti] passava a Mario. Vicecommissario diventa Miliani [Beniamo Miliani], già capo dell'Ufficio Agitazione e Propaganda della I Brigata. Cion [Silvio Bonfante], vicecomandante della Cascione [n.d.r.: caduto nel corso della tragica ritirata dei partigiani imperiesi dell'ottobre del 1944], viene sostituito da Giorgio [Giorgio  Olivero che nel successivo mese di dicembre 1944 divenne comandante della nuova Divisione partigiana Bonfante]. La Divisione ["Felice Cascione"] ha quindi Curto e Giorgio, Mario e Miliani. Comandante della I Brigata diventa Mancen [Massimo Gismondi], già vicecomandante, la carica vacante passa a Pantera [Luigi Massabò], già capo di Stato Maggiore, il cui posto verrà ricoperto da Pablo [Ercole Pario], già mio superiore nell'Ufficio Operativo che viene soppresso. Commissario della I brigata diventa Osvaldo [Osvaldo Contestabile] che lascia la V Brigata. Vicecommissario sarà Socrate che in ottobre, quando era commissario del distaccamento I. Rainis, aveva effettuato un brillante colpo di mano sulle caserme di Diano Marina. II posto rimase vacante perché Socrate [Francesco Agnese] doveva essere in Val Pennavaira col suo distaccamento, ma purtroppo le nostre speranze erano infondate: Socrate era morto ad Upega.
Contemporaneamente vennero rimaneggiati i servizi: Boris [Gustavo Berio], responsabile S.I.M. della Cascione, è con la IV Brigata ["Elsio Guarrini"]. Achille diventa il viceresponsabile per il Piemonte ed il S.I.M. di brigata passa a Nenno e Rinaldo.
Difficile ed inutile sarebbe seguire tutte le nomine e i cambiamenti che nessuno allora avvertì, tranne gli interessati diretti. Purtroppo la debolezza non era nei capi che si potevano mutare ma nel clima, nel morale, nell'armamento.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 18-19

giovedì 20 aprile 2023

Il partigiano Beretta morì il 14 gennaio 1945, a San Bernardo di Badalucco

Badalucco (IM): Chiesa di San Bernardo da Mentone e Chiaravalle. Fonte: Catalogo Generale dei Beni Culturali

Sarti Oriano, da Otello e Maria Cremesani; n. il 14/ 4/1923 a Bologna; ivi residente nel 1943. Abilitazione magistrale. Insegnante elementare. Richiamato alle armi dalla RSI, non si presentò. Arrestato nel marzo 1944, si arruolò nellʼarma del genio della RSI per evitare la condanna per renitenza alla leva. Trasferito a Taggia (IM), nel giugno 1944 disertò, militò nel 3° btg della 5a brg Nuvoloni della 2ª divisione Cascione Garibaldi e operò in provincia di Imperia. Il 5/1/45 fu catturato dai tedeschi con altri partigiani. Dopo lunga detenzione nelle carceri di Taggia, Alassio (SV), Mantova e S. Michele Extra (VR), fu deportato in Germania. Riconosciuto partigiano dal 15/6/44 al 30/4/45.
(a cura di) Alessandro Albertazzi, Luigi Arbizzani, Nazario Sauro Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel Bolognese (1919-1945), Vol. V, Dizionario biografico R - Z, Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea nella provincia di Bologna "Luciano Bergonzini", Istituto per la Storia di Bologna, Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna, 1985-2003  

Un piccolo gruppo al comando di Marco Bianchi (Beretta), comandante del IX° distaccamento della IV^ brigata della II^ Divisione "Felice Cascione", era posizionato lungo la strada che da Badalucco, costeggiando la Madonna della Neve, porta a Ciabaudo in Valle Oxentina. Dopo aver trascorso la notte con l'incarico di proteggere il resto del distaccamento posizionato qualche chilometro più a monte, alle prime luci dell’alba il piccolo gruppo si preparava a ritornare alla base. All’improvviso venivano assaliti da un gruppo della GNR in perlustrazione. Subito l’aria veniva solcata da numerose raffiche sparate da ambedue le parti. Marco Bianchi rimaneva gravemente ferito all’addome. Il suo compagno Enzo Magro se lo caricava sulle spalle e con i suoi compagni riusciva a disimpegnarsi. Bianchi morì circa una settimana dopo, il 14 gennaio 1945, a San Bernardo di Badalucco.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]
 
3 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 46, ai Battaglioni dipendenti: Trasmissione dell'ordine di sorvegliare attentamente la zona di appartenenza. Ricordati i doveri del capopattuglia. Consiglio di continuare l'addestramento all'uso delle armi ed alla guerriglia. Raccomandazione di fornire precise informazioni militari sulle formazioni nemiche.
5 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Si rendeva noto l'arrivo a Taggia (IM) di bersaglieri che dovevano effettuare rastrellamenti a Sanremo, Ceriana e Valle Argentina. Continuavano i lavori difensivi del nemico sul litorale e lungo la Valle Argentina.
6 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni"
della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 253, al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" e p.c. al comando della V^ Brigata - Informazioni militari: "Oggi forze nazifasciste hanno effettuato un rastrellamento a Badalucco. Si calcola siano stati impiegati per detto rastrellamento più di Cinquecento uomini, i quali hanno occupato il paese con manovra avvolgente, provenienti da Molini di Triora, Diano Marina ed Imperia valicando Passo Veina, S. Remo, Ceriana seguendo la via del Passo S. Bernardo.
I nazifascisti hanno bruciato quasi tutte le case di campagna che hanno incontrato sul loro cammino. Le forze provenienti da Molini, arrivate al ponte rotto di Montalto che era ancora notte, cercarono della casa di Fedè (Recapito della Divisione). Verso le ore 9.30 i nazifascisti sono entrati in Badalucco dove sono andati di casa in casa cercando munizioni. È stata bruciata una casa dove è stato trovato un moschetto, un'altra  dove è stata trovata della munizione ed è stata fatta saltare... Tre individui borghesi sorpresi per la via sono stati vilmente trucidati. Alle ore 15 pomeridiane i primi reparti di nazifascisti hanno lasciato Badalucco diretti verso Taggia. In questo primo gruppo ho contato 160 uomini. 4 gruppi di 25 o 30 uomini, i rimasti, lasciavano il paese, diretti, parte verso Taggia, parte verso Carpasio e parte verso Molini di Triora. Questi ultimi sono stati attaccati da squadre di Garibaldini della V Brigata. Durante tale attacco i repubblichini perdevano un mortaio da 81 mm. Alle ore 16.30 una pattuglia composta di 7 uomini, gli ultimi rimasti, lasciava Badalucco e si congiungeva con un gruppo di 50 uomini che attendevano subito fuori il paese.
Al detto dei fascisti che hanno preso parte all'azione, dovevano circondare Badalucco sino dalle 5 del mattino. Tutto ciò è fallito perché al passo di Veina hanno smarrito la strada.
Si è notato che la forza adoperata per questo rastrellamento era composta in massima parte da fascisti e repubblichini, quasi tutti liguri e dei paesi a noi vicini. Pochi erano i tedeschi. Il responsabile S.I.M. di BRIGATA (Brunero)
[Franco Bianchi]"
7 gennaio 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] di Fondo Valle della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione - Si avvertiva di un prossimo rastrellamento ad opera della compagnia O.P. del capitano Ferrari di concerto con tedeschi di stanza a Taggia (IM) o nella Val Tanaro. "I 100 uomini della O.P. [della GNR, Guardia Nazionale Repubblicana della RSI] hanno morale alto e sono forniti di armamento automatico. Ad un milite è stato chiesto il motivo per cui osavano avventurarsi in così  pochi in zone infide: la risposta è stata che potevano per l'appunto contare sul supporto di forze tedesche".
da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 

venerdì 14 aprile 2023

Caricato sui muli tutto il materiale, i partigiani della Bonfante lasciarono Viozène

Viozène, Frazione del Comune di Ormea (CN). Fonte: www.loquis.com

Giunto ad Alto il Comando divisione [VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] aveva raccolto altri effettivi della banda della II e III Brigata proseguendo ancora verso Nord. Malgrado le voci contrarie era ormai evidente che il lancio non poteva aver luogo vicino al nemico e che la meta era ormai chiaramente oltre la «28» [n.d.r.: strada statale del Col di Nava].
Attraversata la «28» a Cantarana [n.d.r.: Frazione di Ormea (CN)] le forze della Bonfante si spinsero su Viozène [n.d.r.: altra Frazione di Ormea (CN)] per riunirsi a forti gruppi della Cascione: obiettivo era la difesa del comune campo di lancio di Pian Rosso.
Se in Liguria era già primavera, a Viozène il clima era ancora rigido. Penosi furono quei giorni d'aprile [1945] per la scarsità di viveri ed il ritorno della neve.
I partigiani della Cascione dovettero lottare alle Fascette con la tormenta. I turni di guardia notturni erano estenuanti perché dalle cime del Mongioie scendeva un vento gelato e molti partigiani avevano già cambiato i logori abiti invernali coi pantaloni corti e le magliette estive. Quei giorni di attesa pesarono anche sugli animi più forti: Cimitero [n.d.r.: Bruno Schivo, capo di una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio" della Divisione Bonfante] stesso si presentò al Comando chiedendo di poter rientrare in Liguria perché i suoi uomini con i vestiti che avevano non potevano andare più avanti. Cimitero in quei giorni aveva ingoiato per errore una discreta dose di pastiglie contro il sonno che gli alleati avevano mandato col primo lancio e da tre giorni era di umore nero non riuscendo a dormire. Giorgio [Giorgio Olivero comandante della Divisione Bonfante] gli rammentò l'importanza che aveva per noi la riuscita del lancio e la necessità di disporre per la protezione di forti bande e di uomini come lui. Cimitero rimase.
Quale era lo schieramento della Bonfante e della Cascione? Non lo sapemmo con sicurezza perché nessuna comunicazione ufficiale venne inviata ai partigiani rimasti in Liguria. La zona di Viozène comunque si prestava ottimamente per una difesa: pochi varchi conducevano nella valle incassata e quei pochi erano facilmente controllabili anche con pochi uomini, purché ben armati. La Cascione a quanto pare aveva effettuato un largo schieramento di sicurezza verso sud prendendo sotto controllo tutta l'alta Val Tanaro comprendendovi Upega, Piaggia, Monesi, S. Bernardo. Era all'incirca lo schieramento adottato in ottobre, pur ottenuto con effettivi più ridotti. Evidentemente, più che bloccare l'offensiva nemica con una difesa ravvicinata ad oltranza si contava di opporre una difesa elastica rallentando l'avanzata nemica per il tempo necessario. La Bonfante si pose a immediata difesa del campo di lancio controllando anche con elementi della Cascione l'accesso da Ponti di Nava, dove la minaccia era maggiore. La Bonfante controllava anche il Bocchino a Nord e Carnino ad ovest. Il piano di difesa era buono e idoneo per resistere ad un attacco da molti lati.
Finalmente il 6 aprile [1945] il sospirato evento avvenne. Giorgio mi raccontò bene quel momento: «Passeggiavo fra i fuochi con Robert Bentley [n.d.r.: capitano del SOE britannico, ufficiale di collegamento degli alleati con i partigiani della I^ Zona Liguria] ed alla mia osservazione sull'eventuale pericolo di ricevere qualcosa in testa mi rispose: "Impossibile! Il regolamento vieta i lanci senza paracadute: li vedremo in tempo". Pochi minuti dopo eravamo stesi dietro una roccia terrorizzati da una pioggia di materiale in discesa libera compresi fusti da duecento chili di esplosivo. In termine tecnico il pilota aveva effettuato un free drop. Il lancio questa volta era veramente importante: c'erano mortai, mitragliatrici pesanti, materiale esplosivo, munizioni. Tutto venne suddiviso tra noi e la Cascione». Giorgio ebbe da lamentarsi che «il personale italiano, addetto alla confezione dei lanci al campo, di Livorno, avesse sostituito nei containers le divise nuove con le loro usate e stracciate, il cacao con polvere insetticida, come rilevammo in tempo dall'odore e avesse riempito gli astucci da cannocchiale con cartaccia. Grande stupore sollevarono certe scatole con dentro un pranzo luculliano, incluso il dessert e le sigarette. Erano le razioni di emergenza dei nostri alleati».
Caricato sui muli tutto il materiale la Bonfante lasciò Viozène, si portò verso Rezzo e ripassò la statale in un punto imprecisato. La Cascione, che già aveva avuto a Pian Rosso due lanci, restò in attesa del 4°, che avverrà verso il 19 aprile. Solo quest'ultimo lancio verrà disturbato dai tedeschi che attaccarono da Ponti di Nava. Ormai era tardi ed i partigiani, riforniti dai lanci precedenti, erano in grado di resistere. L'attacco tedesco venne contenuto ed il  materiale salvato quasi tutto, poi anche la Cascione lasciò Viozène.
La reazione tedesca si scatenò nella Val Tanaro deserta, Valcona venne incendiata, ma dei partigiani non era rimasta traccia.
Mentre oltre la 28 si attendeva il lancio, verso il mare la vita continuava normale.
CORPO VOLONTARI DELLA LIBERTA'
ADERENTE Al C.L.N.
6a DIVISIONE D'ASSALTO GARIBALDI LIGURIA S. BONFANTE
STATO MAGGIORE DIVISIONALE
N° PRO.23
OGGETTO:  L.II° RELAZIONE
Al Comando Divisione
Giorno 2.3 45. Alle ore 14,30 sento il messaggio. Parto in tromba
vado a Leverone a Aquila e salgo in Alto e metto tutti in moto visto
che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel,metto i suoi uomini
in postazione passo S. Giacomo mentre dalle altre parti metto borghesi
di guardia. Libero lo tengo sul    campo. Meassa non viene, la staffetta
borghese non lo ha avvisato. Alle 21.00 accendo i fuochi, alle
ore 21,45 dopo esser passati cinque aereoplani,arriva il nostro.
Ci fa il medesimo segnale morse che facciamo noi poi incomincia la
pioggia. Un solo apparecchio. Abbiamo tanta nebbia,però tutto
procede bene. Ad un tratto danno l'allarme,hanno visto una luce.
Faccio montare i Bren,caricare i caricatori. Idem per gli Sten.
I muli arrivano,sono immediatamente caricati e spediti da Fernandel
alle 24 avevamo sgomberato il campo. Libero rimane incaricato per
il rastrellamento. L'operazione è finita. Tutto ha funzionato bene.
Sono stanco morto.
Prego di farmi sapere se altri lanci avranno luogo. Se è possibile
continuare con lanci piccoli. Materiale da sabotaggio per ora basta.
Chiedere :  STEN - BREN - MUNIZIONI E CARICATORI S.ETIENNE.
Munizioni PARABELLUM RUSSO.
Portatemi per me almeno un silenziatore per STEN. Anche una
pistola col silenziatore
Stò meglio saluti
                IL CAPO DI STATO MAGGIORE

Nell'archivio di Ramon ho trovato il presente documento. Vi è descritto un lancio che sarebbe avvenuto a Caprauna il 2 marzo e sarebbe stato il II lancio. Poiché non si ricorda, né vi è traccia documentata di un lancio precedente ed il lancio del 13 marzo viene concordemente indicato come il lancio I, penso che vi sia uno sbaglio di data e che il 2-3.45 sia il 2-4.45.
I documenti del comando divisione indicano come Lancio II quello di Pian Rosso.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980, pp. 230-232

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - In considerazione del fatto che il campo di lancio scelto per la II^ Divisione offriva maggiori possibilità di ricezione per un grande lancio diurno, si reputava positivamente il fatto di trasferire per il momento parte della Divisione nella zona di lancio di Pian Rosso, mentre l'altra componente avrebbe dovuto attendere il lancio notturno già programmato [a Pian dell'Armetta nella zona di Caprauna (CN)]. Direttiva di effettuare sollecitamente il richiamato trasferimento, attesa l'imminenza del lancio.
31 marzo 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione, prot. n° 19, al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Veniva comunicato che i preparativi per il primo lancio erano stati ottimi.
4 aprile 1945 - Dal capo di Stato Maggiore ["Ramon", Raymond Rosso] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 23, al comando della VI^ Divisione - Comunicava le modalità del secondo riuscito lancio alleato del 2 aprile 1945 a Caprauna: "alle ore 14.30 sento il messaggio. Parto in tromba, vado a Leverone e Aquila, salgo in Alto (CN) e metto tutti in moto visto che nessuno sa nulla. Passo da Fernandel [Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione], metto i suoi uomini in postazione a Passo San Giacomo, mentre dalle altre parti metto borghesi in guardia [...] Alle ore 24 il campo era completamente sgombero". Ramon concludeva [...] Allegava un elenco di materiale ricevuto, dove figuravano 13 mine, 200 bombe a mano, 4 Bren, 8 Sten, 19 bombe incendiarie, 17 detonatori e molte munizioni.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 310, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Emanate disposizioni per un nuovo lancio e per la condivisione, con la II^ Brigata "Nino Berio", del materiale ricevuto.
9 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Elio Castellari" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata - Inviava una dichiarazione della signora Giulia Capetti, in cui la donna sosteneva di essere stata rimessa in libertà dalla gendarmeria tedesca di Albenga alla condizione di fare arrestare il garibaldino "Cimitero" [Bruno Schivo].
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

venerdì 7 aprile 2023

Le barbare uccisioni, a distanza di mesi, di due partigiani del Dianese

Diano Arentino (IM): Foto: Marco Bernardini su Flickr

Sulla giustizia partigiana, vorrei dire un mio parere ampliando il discorso in merito a quanto hanno detto altre persone, che non avevano visto niente e con la Resistenza non avevano niente a che fare; che parlavano per sentito dire e, romanzando in senso negativo i fatti, hanno contribuito senza rendersene conto a denigrare la Resistenza e sono divenuti, quindi, involontariamente strumenti dei nemici della stessa. Mi capitò diverse volte di assistere a processi di singole persone, spie o soldati nazifascisti da noi catturati, giudicati dai tribunali di brigata, con un partigiano che aveva la funzione di loro difensore, e condannati a morte per aver commesso gravissime crudeltà. Il tutto si faceva in segreto per cui il condannato non veniva messo a conoscenza della sentenza, e veniva fucilato senza che se ne accorgesse. Si usava questo sistema, diciamo "umano", perché nella mente del condannato non prendessero corpo la disperazione, il pianto, l'implorazione, il terrore della morte imminente, e quindi non dovesse moralmente soffrire prima del momento dell'esecuzione.
Invece potrei raccontare tanti casi mostruosi di partigiani caduti nelle mani del nemico e condannati a morte: interrogatori con percosse inenarrabili, torture con ferri roventi e simili; trovammo corpi di partigiani con le mani mozzate, con gli occhi fuori delle orbite, altri bruciati vivi. Racconto due episodi di cui, forse esistono ancora testimoni superstiti. Il 29 gennaio 1945 una colonna nazifascista punta su Diano Arentino: i giovani del paese tentano la fuga per sottrarsi alla cattura, ma Francesco Camiglia non ce la fa e viene catturato. Infatti, lanciatosi attraverso i tetti, i nemici lo scorgono e gli sparano contro, é colpito ad una gamba e cade in un vicolo, é raggiunto. Mentre i tedeschi pensano di portarlo a Imperia, i fascisti si impongono e decidono di impiccarlo subito. Trascinano il ferito sotto un albero e gli passano il cappio al collo. La madre, giunta in quel momento, con un urlo di dolore abbraccia il figlio e gli toglie il cappio. Ma di fronte a una simile scena i fascisti non provano compassione, strappano alla madre il corpo del figlio e, di fronte a lei che si dispera, impiccano il Camiglia definitivamente. Il 17 marzo del 1944, durante un rastrellamento tedesco, ad Ormea rimane ferito il partigiano Domenico Novaro. Ricoverato nell'ospedale locale, su delazione di una spia, dopo due giorni é prelevato. Trascinato fuori dal letto, i soldati lo portano al Comando tedesco dove viene crudelmente torturato; le sue grida sono udite dagli abitanti delle case vicine. Distrutto dal male, condotto nel cimitero della città e fucilato il mattino del 17 marzo dopo essersi dovuto scavare la fossa.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998 

Cortesia Angelo: nato a Vidor il 4 settembre 1927, squadrista della Brigata Nera “Padoan”
Interrogatorio del 3.7.1945: [...] Rimasi in servizio presso la 32^ Brigata nera “Padoan”, operante nella provincia di Imperia. Durante tale periodo presi parte a svariati rastrellamenti, circa 20, contro i partigiani. I rastrellamenti erano sempre diretti da componenti dell’ufficio politico investigativo dell’ex GNR. Molte volte vi prendevano parte anche truppe tedesche anche con elementi delle loro SS. Durante tali rastrellamenti da parte della brigata nera, cioè quando vi partecipavo io, non fu mai ucciso nessun partigiano, ne avremo catturati circa una decina che furono sempre consegnati alle SS tedesche. Non so quale fine facessero. In tutto da parte delle formazioni tedesche saranno stati uccisi circa 45 partigiani. Dei predetti parte rimasero uccisi in combattimento e parte furono fucilati sul posto. Solo uno, che io sappia, fu impiccato a Diano Arentino: ciò avvenne nel mese di gennaio o febbraio del 1945.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019 

Durante il grande rastrellamento di gennaio 1945 il giorno 29 il nemico irrompe nella valle di Diano Marina. Quattrocento tedeschi puntano su Diano Arentino e su Diano Roncagli, in cerca dei distaccamenti e del comando della I Brigata “S. Belgrano”. I giovani di Diano Arentino tentano di sottrarsi alla cattura fuggendo per la campagna. Tra questi è il ventenne Francesco Camiglia che, trovatosi con la casa circondata, tenta la fuga attraverso i tetti vicini. Ma scorto dai tedeschi e preso di mira, cade in un vicolo colpito alle gambe. Catturato, lo trascinano presso un albero di pero nei pressi della casa di Silvio Ascheri, gli passano un cappio al collo e, ormai morente per dissanguamento, lo impiccano.
Giorgio Caudano, Gli eroi sono tutti giovani e belli. I caduti della Lotta di Liberazione. I^ Zona Liguria, ed. in pr., 2020

[ n.d.r.: tra le pubblicazioni di Giorgio Caudano: Marco Cassini e Giorgio Caudano, Bordighera al tempo di Bicknell e Monet, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2021; Giorgio Caudano, L'immagine ritrovata. Ventimiglia e dintorni nei dipinti dell'Ottocento e primo Novecento, Alzani Editore, 2021; (a cura di) Paolo Veziano con il contributo di Giorgio Caudano e di Graziano Mamone, La libera Repubblica di Pigna. Parentesi di democrazia (29 agosto 1944-8 ottobre 1944), Comune di Pigna, IsrecIm, Fusta Editore, 2020; Giorgio Caudano, Dal Mare alla Trincea... memorie di uomini, BB Europa, Cuneo, 2019; Silvia Alborno, Gisella Merello, Marco Farotto, Marco Cassini, Giorgio Caudano, Franck Vigliani, curatori della mostra Claude Monet, ritorno in Riviera, catalogo a cura di Aldo Herlaut, Silvana Editoriale, Milano 2019; La Magnifica Invenzione. I pionieri della fotografia in Val Nervia 1865-1925, a cura di Marco Cassini e Giorgio Caudano, Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera, 2016; Giorgio Caudano, Pigna. Storia di un paese, ed. in pr., 2016  ]

Agostini Annibale: nato a Genova il 13 maggio 1911, agente in servizio presso la Squadra Antiribelli della Questura di Imperia
Interrogatorio del 10.10.1945: [...] Nel dicembre del 1944, per ordine del Questore Sergiacomi, passai a prestare servizio all’ufficio politico della brigata nera in qualità di agente di polizia giudiziaria, verbalizzando tutte le operazioni effettuate dagli elementi della brigata nera. Chi interrogava erano solitamente il Maresciallo Vitiello ed il Ten. Gerli. Ho preso parte, sempre perché comandato, alle seguenti operazioni condotte dalla brigata nera: a Moltedo, Caramagna, Artallo, Diano Arentino ed altri paesi di cui non ricordo il nome.
Leonardo Sandri, Processo ai fascisti: una documentazione, Vol. 9 - Liguria: Imperia - Savona - La Spezia, StreetLib, Milano, 2019

[...] Novaro Domenico, nato a Diano Castello (IM) 19/08/1916, residente Diano Castello, ucciso Ormea (CN) 17/03/1944, IV Divisione Autonomi, 13ª brigata “Valle Tanaro” [n.d.r.: 12 caduti]
[...] Tra il 13 e il 27 marzo avviene il grande rastrellamento che coinvolge i partigiani, comandati da Enrico Martini “Mauri”, delle formazioni militari autonome delle valli Corsaglia, Maudagna, Casotto, Mongia e Tanaro, ma le fucilazioni dei catturati proseguono a Ceva fino al 5 aprile e alcune centinaia subiranno la deportazione. L’azione è preparata fin dall’11 marzo e coinvolge l’area: Pieve di Teco, Nava, Val Tanaro, valle Mongia, Valle Casotto, Valle Maudagna, Valle Corsaglia e Ellero.
Michele Calandri, Episodio di Ormea, 13-27.03.1944, Atlante delle Stragi Naziste e Fasciste in Italia

Colpirono secchi per primi, senza che quasi nessuno se ne accorse, Livio Fiorenza e Roberto Sasso. Giovanni Ramò lo colpirono alla testa e rimase in agonia solitaria a lamentarsi dentro una scaffa, nessuno potendolo soccorrere sempre sotto tiro. Dopo catturarono anche Domenico Novaro già ferito e nascosto nell'ospedale di Ormea; appena se ne accorsero che era lì, lo portarono sul posto al cimitero, che lo sotterrassero alla svelta. Lo finirono col mitra riverso nell'ultimo sussulto, ormai dissanguato, e lo cacciarono a pedate dentro la fossa. Alla fine tutti i patrioti fradici si sbandavano nei cespugli o ritornavano alle loro case, guardandosi bene intorno per non imbattersi nei tedeschi. Allora mandarono la cicogna, che svolazzò avanti ed indietro, frugando rasente sulla conca di Nava per stanarli dai cespugli e dai fossi, finché quando cominciò a scurirsi in tutto quel verde umido, qualche raffica stanca si perse ancora lontana. Quando fu buio del tutto continuarono con le traccianti di una mitragliera da 20 impiantata su un'autoblinda dalla Fontana del Serpente davanti alla cava del marmo.
Osvaldo Contestabile, Scarpe rotte libertà. Storia partigiana, Cappelli editore, 1982

giovedì 30 marzo 2023

Terminato il rastrellamento, il Comando partigiano nuovamente dispone la sua dislocazione nel bosco di Rezzo

Il Bosco di Rezzo vicino al Passo della Teglia. Foto: Pampuco su Wikipedia

Finalmente anche il giorno 6 [settembre 1944] ha termine; il nemico riunisce i reparti rastrellanti [nd.r.: si trattava della battaglia di Montegrande], riforma le colonne, si concentra a fondo valle.
Il pugno di ferro si era stretto; che aveva preso? Che risultato aveva avuto il grande spiegamento di forze aiutate da circostanze eccezionali favorevoli? Nulla, quasi nulla: su più di un migliaio di partigiani, solo una diecina caduti nella rete. Ettore Bacigalupo, Aldo Gagliolo, Italo Ghirardi erano caduti il primo giorno. Germano Valsecchi (Germano) di Giovanni, nato a Bergamo il 14.4-1927, uno della IV brigata, catturato mentre, estenuato, dormiva in un fienile, venne impiccato a San Bernardo di Conio. I civili Michele e Luigi Vinai saranno trovati tra i cespugli crivellati di colpi (7).
Altri tre garibaldini, catturati dal nemico, riusciranno a fuggire con l'aiuto dei civili.
Alle ultime luci del tramonto i Tedeschi lasciano il bosco; le macerie fumanti di San Bernardo di Conio, di case Rosse, di case Dell'Erba, delle cascine e dei fienili distrutti, indicano che anche lì, come a Triora, a Molini, a Pornassio, a Villa Talla, erano passate le truppe di Hitler.
Non note le perdite nemiche. La popolazione aveva scorto scendere per la rotabile di Rezzo alcuni carri chiusi e sanguinanti.
Terminato il rastrellamento, il Comando divisionale nuovamente dispone la sua dislocazione nel bosco di Rezzo riuscendo a riorganizzare in brevissimo tempo tutta la divisione, dai Comandi ai distaccamnenti, per prepararla alle previste battaglie autunnali.
A livello della critica storica, non è stato ancora chiarito lo scopo degli annunci radio alleati della loro offensiva sulla costa ligure, poi mancata, con la conseguenza di creare, per alcuni giorni, una situazione precaria gravissima alle formazioni partigiane. Solo le autorità politiche e militari inglesi e americane avrebbero potuto dare una risposta all'interrogativo che si sono posti gli uomini del Comando militare unificato regionale e della Resistenza imperiese che, sempre, hanno avuto dagli alleati incitamenti alla lotta ma, in riscontro, per tutto il 1944, mai hanno ricevuto da loro un fucile o una cartuccia, e che il 5 di agosto ed il 5 di settembre hanno rischiato la vita per causa della leggerezza o di qualche equivoca intenzione... del Comando anglo-americano.
Come si sa, le formazioni garibaldine erano organizzate dal P.C.I., e la II divisione «F. Cascione» era una divisione garibaldina.
L'8 di settembre nella zona di Triora, una compagnia di Tedeschi a bordo di due camions, caduta in un'imboscata, lascia sul terreno parecchi morti.
Il nemico fucila a San Remo il partigiano Ciccio Corradi (Gigi) di Agostino, nato a San Remo l'8.5.1925, che in agosto aveva consegnato ad Alfredo Esposito di San Remo una trasmittente da portare in montagna (8).
 
San Bernardo di Conio. Foto: nico su Riviera Time

[NOTE]
(7) Encomi solenni e promozioni.
Il 15 settembre 1944 il Comando divisionale premiava coloro i quali si distinsero singolarmente o ad intere squadre nella battaglia di monte Grande, con splendide motivazioni, promozioni e proposte di decorazioni, che da sole costituiscono il più alto elogio allo spirito combattivo delle formazioni garibaldine:
1) Encomio solenne alla squadra d'assalto della I brigata «Silvano Belgrano» per l'eroico contegno avuto durante l'attacco al monte Grande nella giornata del 5 corrente mese. Guidata dal suo comandante «Mancen» [Massimo Gismondi], dopo aver raggiunto d'assalto la cima del monte causando gravissime perdite al nemico, si manteneva sulle posizioni malgrado i contrattacchi dell'avversario fino alle tarde ore della sera permettendo alle forze della divisione, poste in difficoltà, di ritirarsi in buon ordine e senza perdite.
2) Encomio solenne alla squadra mortaisti ed al suo comandante «Romano» per aver contribuito validamente al successo della squadra d'assalto con il suo tiro preciso mettendo in fuga il nemico, sotto la guida del comandante di brigata «Cion».
3) Encomio solenne alla squadra del distaccamento di «Socrate», guidata dal volontario «Vittorio il Biondo», per aver partecipato all'azione della conquista di monte Grande con impeto e coraggio; contribuendo al successo delle nostre forze.
4) Di «motu proprio» il Comando divisionale per i motivi suddetti: promuove il comandante di brigata «Cion» [Silvio Bonfante] vice comandante di divisione per il suo comportamento durante l'azione di monte Grande, per la perizia dimostrata e per tutta la sua attività che lo addita come uno dei migliori comandanti delle nostre brigate.
Promuove il comandante «Mancen» del distaccamento d'assalto «G. Garbagnati» della I brigata a vice comandante di brigata.
Propone al Comando militare della Liguria che al comandante «Cion» e al comandante «Mancen» sia conferita la decorazione al valore partigiano.
5) Proposta per la medaglia d'argento al valor militare alla memoria del garibaldino «Ettore Bacigalupo», vice comandante del distaccamento «A. Viani» con la seguente motivazione:
«Avvertito che una postazione attaccata dai Tedeschi aveva perduto il mitragliatore, si slanciava al seguito del comandante di distaccamento al contrattacco per recuperare l'arma. Accolti nel tentativo dalla violenta reazione del nemico ormai attestato sulla posizione perduta, i garibaldini persistevano sinché, visto inutile ogni tentativo, iniziavano un ripiegamento. Ettore Bacigalupo con le lacrime agli occhi per la perdita di quel mitragliatore tedesco da lui conquistato alcuni giorni prima, non volle desistere dall'impresa. Riportatosi sotto la postazione nemica l'attaccava nuovamente con l'audacia dei forti. Lanciatosi improvvisamente contro i Tedeschi dal riparo che aveva raggiunto, imbracciando un mitragliatore «Otcis», riusciva a far tacere la mitragliatrice nemica, ma, colpito da una raffica di machinen-pistole, cadeva esamine. Il suo corpo fu poi ritrovato deturpato dalla rabbia nazista. Monte Grande (Rezzo-Imperia) 5.9.1944».
(8) Come informa una lettera, del 16.9.1944, inviata da «Petrowich» a «Prof», il Corradi fu ucciso nella caserma «La Marmora» [di Sanremo, zona San Martino] con raffiche di mitra, prima alle gambe e poi alla testa, dai fascisti del comandante G. che, già, aveva fatto arrestare e rinchiudere nella villa Magnolia l'antifascista cap. Amilcare Rambaldi (Archivio [IsrecIm], fascicolo 4.11.1944).
 
Dintorni di Rezzo (IM). Fonte: Ponente Ligustico

Francesco Biga
, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977

venerdì 24 marzo 2023

Sull'atlantino dei partigiani la mia matita annerisce giorno per giorno le regioni della Germania che sfuggono al Terzo Reich

Andora (SV): dintorni. Foto: Eleonora Maini

Il problema degli effettivi venne risolto in pratica da ogni capobanda a suo piacimento. Le disposizioni del Comando lasciarono largo margine d'interpretazione e furono solo abbastanza precise nello sconsigliare l'arruolamento di repubblicani. Quasi tutti i comandanti ingrossarono la propria banda, poiché comandare molti uomini era ambizione diffusa.
Solo pochi come Stalin [Franco Bianchi, comandante di un Distaccamento] e qualche altro preferirono un pugno d'uomini decisi anteponendo la qualità alla quantità. Quando i distaccamenti si ingrossarono eccessivamente intervennero i comandi brigata e li scissero in due.
In Val Tanaro Fra' Diavolo operava del tutto autonomo inviando notizie saltuarie della sua attività. L'attrazione del suo nome era tale che la IV Brigata «D. Arnera», che dipendeva da lui, e che era agli inizi composta del solo distaccamento «M. Longhi», ai primi di aprile 1945 conterà ben cinque bande.
La I Brigata portò anch'essa il numero dei propri distaccamenti da tre a cinque assumendo uno schieramento a parziale difesa della valle d'Andora.
A nord la II e la III  Brigata si riprendevano più lentamente, date la crisi dei comandi e la mancanza di servizi efficienti.
Il 24 marzo 1945 l'attenzione si porta nuovamente su Alto perché pare imminente un lancio di maggiore importanza. Lo schieramento di difesa è meno imponente. Pensiamo che ciò sia dovuto alla rapidità con cui si è svolta la raccolta del primo lancio e alla lentezza della reazione nemica. Un rapido abbassarsi della temperatura e una ripresa delle piogge sui monti impone un nuovo duro sacrificio alle bande di presidio sulle cime. Il morale degli uomini, già duramente colpito dalla morte di Rostida [Costante Rustida Brando], subisce una nuova prova: l'aspetto della valle è tornato ad essere invernale, l'incubo del rastrellamento si alterna alla speranza del lancio imminente.
Torno ad Alto dal 24 al 28. Vi trovo Libero [Paolo Aicardi] con i resti del «G. Maccanò» salvatisi un mese prima dal rastrellamento di Aurigo. Gli uomini sono profondamente demoralizzati, il commissario li ha piantati. «Mi ha mandato lo Sten ed i soldi e non si è fatto più vedere», diceva Libero ai compagni. «E' stato galantuomo che ti ha mandato i soldi», lo consolava Turbine. C'era poi la faccenda del manifesto di mobilitazione di Aurigo. «Mi hanno dato gli arresti per la quarta volta», diceva Turbine. «Adesso però sono innocente. Non mi sono mai mosso da Alto da un mese ed un tipo strano che passa per Aurigo fa un manifesto e lo firma Turbine. Il Comando mi manda una lettera: Turbine agli arresti. Per fortuna che sono parole» Il tipo strano che aveva avuta la geniale idea del manifesto era Libero.
Il G. Maccanò venne sciolto, gli uomini aggregati alla brigata di Fra' Diavolo ed una nuova banda G. Maccanò, formata da nuove reclute, farà parte della IV Brigata.
La banda di Trucco o distaccamento M. Agnese che, dai tempi di Upega, ridotto a dodici uomini, vivacchiava nella Val di Mendatica, invitato più volte ad unirsi al grosso della Divisione, passò la «28» il giorno 25 fermandosi presso Moano [Frazione di Pieve di Teco (IM)].
I giorni passavano lenti tra la pioggia ed il fango nell'inutile attesa. Spesso il cavo a bassa tensione che collegava Alto con la dinamo in fondo al torrente aveva dispersioni e le trasmissioni radio subivano forti abbassamenti di volume. Cambiando rapidamente la spina del trasformatore riuscivamo a riprendere l'ascolto, ma ogni volta sfuggivano intere frasi ed ogni parola poteva essere quella del lancio da noi atteso. Al pomeriggio, alle 20.30, dopo cena ad ogni trasmissione gli incaricati dal comando, circondati dai compagni ascoltano parole e parole. Coi messaggi speciali giungono le notizie delle armate del Reno: l'offensiva finale è in corso, città e città, chilometri e chilometri di Germania vengono occupati dagli alleati: sull'atlantino dei partigiani la mia matita annerisce giorno per giorno le regioni della Germania che sfuggono al Terzo Reich. La fine del nazismo non è ormai più lontana, è però sempre più per noi un'incognita l'atteggiamento che terrà l'esercito tedesco in Italia. La disfatta in Germania rende sempre meno sicura la ritirata dall'Italia. Se gli alleati non sfonderanno sull'Appennino non diverrà l'Italia del nord una grande sacca come Creta, il fronte di Curlandia, i porti francesi sull'Atlantico? Assieme alla Norvegia ed alla Boemia non sarà la nostra terra l'ultimo rifugio del nazismo morente? Comunque il momento decisivo è vicino e noi siamo ancora terribilmente impreparati.
Ricordavo lo scorso autunno... I piani per l'occupazione di Imperia... Quanto siamo mutati da allora. Il passato tornava sempre alla nostra mente, parlando con i compagni si ricordavano episodi noti, si apprendevano particolari sconosciuti.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980


22 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 234, al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen" Massimo Gismondi] - Disponeva il passaggio di 10 Kg. di plastico con miccia e detonatore da "Ciccio" a "Marco" e di altri 10 Kg. da consegnare a "Mario".

23 marzo 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 238, al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen" Massimo Gismondi] - Chiedeva di completare i preparativi per andare a ritirare il materiale in arrivo con un aviolancio alleato; di sospendere il colpo progettato contro il posto di blocco di Cervo ed ogni altra azione; di sottrarsi al nemico in caso di attacco, ma, se obbligati, di reagire.

24 marzo 1945 - Dal comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava l'assegnazione degli encomi solenni alla memoria a "Rustida" ed a "Remo", sottolineando che "Rustida", Costante Brando, era nato a Milano il 25 ottobre 1925, mentre di "Remo" non si conoscevano i dati biografici.

25 marzo 1945 - Da "Pantera" [Luigi Massabò, vice comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] al comando della Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava che il 20 marzo 1945 alle ore 7 forze nemiche, provenienti da Pornassio, San Bernardo di Garessio, Cerisola, Acquetico e Castel Bianco, avevano effettuato un rastrellamento in Val Pennavaira; che i garibaldini di Caprauna, avvisati da una sentinella appostata sul Passo dei Pali, si erano spostati sulle rocche sovrastanti Alto; che il Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" era stato sorpreso e nella fuga aveva lasciato nel casone il mitragliatore Breda 1930 e diverso materiale di casermaggio; che i garibaldini "Rustida" [Costante Brando] e "Remo" [Francesco Pescatore] avevano aperto il fuoco, ma erano stati feriti da un colpo di mortaio; che "Rustida" dopo qualche minuto decedeva e "Remo" si suicidava per non cadere vivo in mano ai tedeschi; che i nemici avevano abbandonato la Val Pennavaira alle ore 22; che il servizio di sentinella di Alto-Caprauna aveva funzionato bene mentre quello di Nasino "pur avendo funzionato non ha preso sul serio l'allarme facendo giungere i nemici vicino ai casoni"; che stava per dare disposizione al comandante ["Gino", Giovanni Fossati] della II^ Brigata "Nino Berio" "di infliggere 12 ore di palo ai responsabili del cattivo funzionamento del servizio di guardia". Comunicava, poi, le situazioni di alcune formazioni: il Distaccamento "Giuseppe Maccanò" era privo di comandante perché "Riva" [Stefano Polini] si era rifugiato nelle Langhe ed aveva bisogno anche di un commissario; la stessa situazione si presentava al Distaccamento "Gian Francesco De Marchi" che aveva perso un mitragliatore; il comandante "Basco" [Giacomo Ardissone] aveva formato un altro Distaccamento che avrebbe preso probabilmente il nome di "Rustida" [Costante Brando]; una squadra del Distaccamento "Igino Rainis" aveva recuperato in Piemonte 1 mitragliatore pesante americano, 1 fucile inglese ed 1 Sten; il 22 marzo 1945 "Fra Diavolo" aveva compiuto un attentato sulla strada statale 28 in cui avevano trovato la morte la morte un maggiore tedesco ed altri soldati. Informava che era stato il comandante "Libero" [Paolo Aicardi] a firmare in modo arbitario a nome di "Turbine" [Alfredo Coppola] il manifesto del reclutamento non volontario di Aurigo e che i garibaldini della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni", condannati a morte dai tedeschi a Pieve di Teco, erano riusciti a fuggire e, avendolo richiesto, erano stati inquadrati nel Distaccamento "Igino Rainis" della II^ Brigata "Nino Berio".

25 marzo 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] a "Mario" [Carlo De Lucis, commissario della Divisione "Silvio Bonfante"] ed a "Giorgio" [Giorgio Olivero, comandante della Divisione "Silvio Bonfante"] - Comunicava che rispetto a quando "Giorgio" era stato in visita in Val Pennavaira il morale della popolazione era mutato perché il rastrellamento del 3 marzo, nonostante la buona notizia del riuscito primo aviolancio alleato, l'aveva gettata nello sconforto; che dal citato lancio i partigiani si aspettavano almeno uno Sten; che il recente rastrellamento del 20 marzo avevano addirittura terrorizzato la popolazione per la minaccia tedesca di bruciare tutte le case. Segnalava "la non esemplare combattività" dei Distaccamenti "Igino Rainis" della II^ Brigata "Nino Berio" e "Giuseppe Maccanò" e l'efficienza delle altre formazioni della II^ Brigata "Nino Berio"; la formazione del Distaccamento "Costante Brando", dedicato alla memoria di "Rustida", per il quale proponeva "Meazza" [Pietro Maggio] come comandante; che "Fra Diavolo" nonostante le difficoltà che incontrava in Val Tanaro teneva "alto l'onore dei garibaldini".

26 marzo 1945 -Dal Comando Operativo [comandante "Curto", Nino Siccardi] della I^ Zona Liguria al comando [comandante "Giorgio", Giorgio Olivero] della Divisione "Silvio  Bonfante" - Comunicava che per ordine del Comando Militare Unificato Regionale [CMURL] la Divisione veniva rinominata "VI^ Divisione d'assalto Garibaldi Silvio Bonfante" e chiedeva notizie sull'imminente riunione tra CLN e garibaldini.

27 marzo 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" all'Intendenza della I^ Brigata - Comunicava la forza effettiva dei Distaccamenti della Brigata "per regolare la distribuzione dei viveri": Distaccamento "Francesco Agnese" 36 uomini, Distaccamento "Marco Agnese" 21 uomini, Distaccamento "Giovanni Garbagnati" 37 uomini, Distaccamento "Franco Piacentini" 15 uomini, Distaccamento "Angiolino Viani" 29 uomini, Comando Brigata 8 uomini.

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - In considerazione del fatto che il campo di lancio scelto offriva maggiori possibilità di ricezione per un grande lancio diurno, si reputava positivamente il fatto di traferire per il momento parte della VI^ Divisione nella zona di lancio di Pian Rosso [Località di Viozene, Frazione di Ormea (CN)], mentre l'altra componente avrebbe dovuto attendere il lancio notturno già programmato [a Pian dell'Armetta nella zona di Caprauna (CN)]. Direttiva di effettuare sollecitamente il richiamato trasferimento, attesa l'imminenza del lancio.
28 marzo 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 254, al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen", Massimo Gismondi] - Comunicava che il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" [comandato da "Stalin", Franco Bianchi] doveva trasferirsi a Testico con le sue 3 squadre; che "Zuvenotto" [Giovanni Tabbò] aveva riconsegnato lo Sten; che a partire da quel giorno le posizioni assegnate ai Distaccamenti dovevano avere postazioni coperte con feritoie per le armi ed essere anche adibite a dormitori.

28 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al capo di Stato Maggiore della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ed ai comandi della I^ Brigata "Silvano Belgrano", della II^ Brigata "Nino Berio", della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo", tutte della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che i comandanti delle formazioni in indirizzo dovevano far sapere alla popolazione "tramite la voce dei parroci" che chiunque avesse fatto trapelare informazioni sui garibaldini sarebbe stato processato, correndo anche il rischio di essere fucilato; che chi si fosse autoproclamato capo o rappresentante di una formazione garibaldina sarebbe stato punito con un numero di ore di palo, ancora da determinare e da scontare presso un Distaccamento; che quelle dispizioni entravano in vigore il 1° aprile 1945.

28 marzo 1945 - Dalla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al vice comandante ed al vice commissario della VI^ Divisione - Comunicava che il comandante della VI^ Divisione "Giorgio" [Giorgio Olivero] aveva trovato con la sua visita molto efficiente la I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandante "Mancen", Massimo Gismondi]. Sottolineava che occorreva riunire al più presto "il Tribunale Militare per analizzare e sanzionare i fatti di Nasino". Chiedeva di sollecitare il rientro di "Trucco" [vice commissario della II^ Brigata "Nino Berio"]. Informava che "Fra Diavolo" [in Val Tanaro] chiedeva rinforzi. Proponeva di formare un nuovo Distaccamento intitolato al caduto partigiano "Rustida" [Costante Brando] con "Libero" quale comandante. Segnalava che la III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" "non funziona come dovrebbe".

28 marzo 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che... il 22 marzo il Distaccamento divisionale "Mario Longhi", comandato da "Fra Diavolo" aveva ucciso sulla strada statale 28 in Val Tanaro un maggiore tedesco e 3 soldati.

28 marzo 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione relativa alla proposta di assegnazione della medaglia d'oro al valor militare al caduto Roberto di Ferro.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

domenica 19 marzo 2023

Pare che in prossimità di Cesio i partigiani abbiano iniziato un'azione contro i Muti

Cesio (IM). Fonte: mapio.net

Per ritorsione e per vendicare i compagni caduti, il 4 ottobre 1944 attaccammo il caposaldo nemico di Cesio.
Insieme ad alcuni altri, il mio compito era quello di trasportare a spalle una mitragliatrice pesante con relative munizioni. Camminammo da Colle San Bartolomeo fin quasi al paese di Caravonica da dove era possibile battere il presidio nemico di guardia ad un ponte minato. Ma il nemico era ben protetto e il nostro attacco ebbe scarso successo.
Sandro Badellino, Mia memoria partigiana. Esperienze di vita e vicende di lotta per la libertà di un garibaldino imperiese (1944-1945), edizioni Amadeo, Imperia, 1998  

Bisognerà muoversi, tenere moralmente i distaccamenti in efficienza bellica e, oltretutto, vendicare nel modo più efficace i compagni caduti nell'imboscata di Pieve di Teco.
Il 2 ottobre 1944, presa la decisione di attaccare il presidio nemico di Cesio composto da circa quaranta uomini, brigate nere del battaglione «Muti», uccisori dei compagni di Nino Berio, viene studiato nei minimi particolari il piano di annientamento (per spazzare quel triste covo), partendo dalla considerazione che il presidio in avamposto, molto isolato, distava all'incirca sette chilometri da quello più vicino di Chiusavecchia.
Appostata una squadra a sud di Cesio sulla statale 28 per bloccare eventuali rinforzi nemici proveniente da Chiusavecchia, altre squadre avrebbero portato un attacco concentrico al paese, supponendo che in esso e alla periferia fossero dislocate le postazioni nemiche. A forze pari il fattore sorpresa avrebbe dovuto giocare a favore dei partigiani, scelti tra i più coraggiosi della brigata.
Lasciata Piaggia alle ore 8, trentasei garibaldini del distaccamento d'assalto «G. Garbagnati» e una squadra del battaglione «Nino Berio» unitamente al vice comandante di divisione «Cion» [Silvio Bonfante], al vice comandante di brigata «Mancen» [Massimo Gismondi] ed al commissario «Mario» [Carlo De Lucis], giungono a Pieve di Teco nella mattinata del 3 ove procedono ad una retata di spie e pernottano nel paese.
Però la spia annidata nel Comando partigiano riesce ad informare del prossimo attacco i fascisti di Cesio che nel corso della notte raddoppiano gli effettivi. Conosciuto il fatto e la fallita sorpresa, «Cion» decide di attaccare ugualmente: è nel suo stile.
Prima dell'alba del giorno 4 i garibaldini partono verso Cesio. La marcia di avvicinamento si compie senza ostacoli ma termina con alquanto ritardo sul previsto.
Ormai è già chiaro ad oriente quando i partigiani si accingono, col fiato grosso per la marcia affrettata, ad appostarsi.
Dal colle San Bartolomeo si staccano due squadre: una di cinque uomini con una mitragliatrice pesante va a piazzarsi a sud del paese per stroncare un eventuale invio di rinforzi da Chiusavecchia e per battere contemporaneamente, con più ampio respiro, tutta la zona. L'altro nucleo cala su Cesio bloccandone la periferia. Nel contempo il grosso delle forze, raggiunto il passo omonimo e divisosi in tre squadre, piomba dai tre lati sopra il ponte rotto.
«Cion» urla (altra sua romantica qualità di guerrigliero latino): "Fascisti... siamo i compagni di Nino... siamo venuti a vendicarlo... difendetevi ...fuoco!" <1.
L'azione ha inizio con una mitragliatrice pesante «Breda», tre «Machinen-Gravers», due «Saint-Etienne», tre lanciagranate ed alcune armi automatiche individuali.
Sono le 7,30 precise; all'urlo di «Cion» i fascisti, che stanno facendo colazione e l'alza bandiera, capiscono e riescono a dileguarsi tra gli alberi di ulivo. Il fuoco inizia violentissimo, i garibaldini scendono all'attacco benché la conformazione della vallata impedisca loro di battere con precisione l'accampamento nemico ove regna panico e disorientamento.
In un primo tempo il fuggi fuggi tra i fascisti, che lasciano sul terreno un morto ed un ferito grave (il comandante del presidio ten. Lo Faro), é generale <2.
I loro baraccamenti sono crivellati e sconvolti dalle raffiche dei mitragliatori, dalle bombe a mano e dai colpi ben piazzati dei lancia granate.
Frattanto, raggiunte a fatica le loro vantaggiose posizioni, i «Muti» aprono un fuoco intenso con due mitragliatrici pesanti «Fiat», alcuni mitragliatori, fucili e mortai da 45 mm.
La lotta dura circa due ore; tra gli spari si odono gli ordini e le invettive dei comandanti nemici: "Raggiungi il «Sant-Etienne»". "Non posso, signor tenente, mi tirano addosso", poi le vecchie canzoni di lotta «Fiamma Nera» e «Giovinezza», echeggiano nella vallata tra gli ulivi e le raffiche di mitragliatrice, poi ancora insulti ed invettive: "Tirate meglio... fatevi sotto, fatevi vedere se avete del fegato" <3.                                                                              
Il nemico, convinto di essere circondato da forze preponderanti, resiste con tutta la sua disperazione, consapevole della sorte che l'attenderebbe se venisse sopraffatto.
È una lotta mortale; i garibaldini sparano con cieco furore, il pensiero dominante é vendicare Nino e gli altri compagni.
Però venuta a mancare per le ragioni suddette la sorpresa, il fuoco incrociato delle armi del nemico rende problematico e oltremodo temerario un assalto. Sarebbe follia e morte certa, tanto più che non si conosce con precisione l'esatta ubicazione delle postazioni nemiche. Nonostante ciò qualcuno vorrebbe tentarlo. Però non resta che la determinazione di continuare un violento duello di logoramento col nemico.
In questa fase dello scontro vengono uccisi alcuni brigatisti neri compreso un borghese delatore, alcuni altri rimangono feriti. Nessuna perdita da parte garibaldina <4.
Intanto richiamati dagli spari, giungono rinforzi autocarrati al nemico da Chiusavecchia.
Le squadre partigiane data l'esiguità delle loro forze, ritenendo foriera di perdite la tattica di snidare i «Muti» dalle loro munite e difficili postazioni, risalgono a Cesio ove compiono pulizia di tutto ciò che é segno di collaborazione e aiuto ai fascisti <5.
Viene sequestrato, tra l'altro, il materiale di cucina che serviva per l'alimentazione dei «Muti» (marmitte, pentole, viveri ecc.) e completamente requisita o resa inutilizzabile la dotazione di un albergo che usava ospitare i fascisti e i loro famigliari (materassi, coperte, effetti, ecc.).
I fascisti giunti di rinforzo riescono a tagliare fuori del grosso una squadra del distaccamento «Marco Agnese» comandata da «Trucco» che, però, infiltratasi tra le maglie nemiche, miracolosamente raggiunge i compagni oltre il colle San Bartolomeo.
Il tenente Lo Faro, ferito, ordina ai suoi uomini di andare in paese per prelevare alcuni ostaggi da fucilare; la sentenza non viene eseguita ma sono fatte saltare alcune case e fienili ed é catturato un giovane presunto partigiano. L'azione non ha dato i risultati sperati. Il gruppo, ad eccezione del comandante «Boscia» <6 che con otto garibaldini rimane a Pieve di Teco per ragioni di servizio, nel tardo pomeriggio raggiunge Mendatica ed il giorno 5 perviene a Piaggia, mentre il distaccamento «F. Airaldi» riprende posizione nella casermetta del Tanarello.
Intanto il 5 di ottobre «Simon» [Carlo Farini] aveva avuto un colloquio con Giovanni Parodi (Michele) membro del Triunvirato Insurrezionale per la Liguria delle brigate Garibaldi, e con Baldini (Matteo) segretario della federazione del P.C.I. di Imperia e addetto ai collegamenti con la città, in cui si era discusso sulla formazione delle Giunte Popolari, presenti i candidati Sindaci di quasi tutti i Comuni della valle Impero.
Il 6 di ottobre riuniva in due casoni posti di fronte a Carpasio il Comando della IV brigata e tutti i comandanti e i commissari di distaccamento per discutere le cause che avevano determinato i precedenti sbandamenti garibaldini in seguito ai rastrellamenti nemici ed il ripiegamento in alta montagna (Piaggia) della I brigata.
Nel contempo emanava direttive per una maggiore disciplina ed un più stretto contatto tra i distaccamenti ed il comando e disponeva che la IV brigata rimanesse sulle sue posizioni (funzioni di collegamento tra la costa e l'alta montagna).
Nel pomeriggio il vice commissario della I brigata Osvaldo Contestabile (Osvaldo) era nominato commissario della V brigata ed il garibaldino Beniamino Miliani (Miliano) assumeva l'incarico lasciato libero da «Osvaldo».
Finite le riunioni, «Simon» rientrava al Comando divisione a Piaggia incalzato dalle notizie del rastrellamento tedesco iniziato nella valle Argentina e a Pigna contro la V brigata e del ripiegamento di questa sulle posizioni della I. A causa di questi precipitosi spostamenti a piedi o a dorso di mulo, «Simon» si ammalava di broncopolmonite. Il 12 di ottobre sembrava segnare un inizio di miglioramento, ma era mera illusione.
[NOTE]
1 Dal diario di Gino Glorio (Magnesia).
2 Dal diario di Luigi Massabò (Pantera).  
3 Dal diario di Gino Glorio (Magnesia).
2 Dal diario di Luigi Massabò (Pantera).                                            
4 Le perdite inflitte al nemico risultano nella relazione n. 330 di protocollo, del 4.10.1944, inviata dallo Stato Maggiore al Comando divisionale nel pomeriggio stesso della giornata dello scontro.
5 Nelle postazioni «Muti» di Cesio si trovava tutto il marciume della gioventù fascista e filotedesca della riviera, da Oneglia a Ventimiglia. Da lì partivano le rappresaglie contro i civili, le azioni di disturbo ed i rastrellamenti effettuati nelle zone adiacenti.
6 Il comandante Franco Bianchi (Stalin) aveva anche il nome di battaglia «Boscia».

Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977, pp. 141-144 

3 ottobre 1944
Questa notte forti contingenti di partigiani, provenienti dai pressi di Acquetico, sono transitati per Pieve di Teco, diretti versi il Colle S. Bartolomeo.
A quanto si vocifera, pare che in prossimità di Cesio i partigiani abbiano iniziato un'azione contro i Muti. Intanto è da ieri che Pieve è bloccata dalla parte di Imperia.
Questa mattina, con una macchina da turismo proveniente da Albenga, sono giunti sei o sette tedeschi per la misurazione dei ponti demoliti.
Sono le 18 e non si sa ancora niente di preciso circa ciò che sia accaduto verso Cesio.
Sono le 5 e si lancia «la grida» che, per ordine del Commissario Prefettizio, il coprifuoco è stabilito dalle ore 8 di stasera alle 5 di domani; il lanciatore proclama: «Le pattuglie spareranno su tutti quelli che dopo le ore 8 si troveranno fuori di casa».
Queste pattuglie sono formate da patrioti e tale grida l'hanno fatta lanciare per loro maggiore sicurezza.
Questi partigiani a Cesio hanno combattuto dall'albafino alle ore 10.
- All'una erano già a Pieve.
4 ottobre 1944
Si dice che nel combattimento svoltosi ieri a Cesio i repubblichini abbiano avuto perdite assai gravi e che in parte sono state danneggiate dal fuoco parecchie case - Però sono sempre notizie incerte. Mentre scrivo parecchi di questi partigiani vanno in cerca di uomini per farli andare alla Paperera al di là del ponte rotto ove, trovandosi un camion con un carico di viveri, vorrebbero farlo trasbordare per Pieve.
E tutto per non lasciarlo proseguire per Vessalico ove sono una quarantina di tedeschi al lavoro per la ricostruzione di quel ponte.
Questa notte io e mia moglie abbiamo pernottato nel Barcheto nella villa.
Questa decisione fu consigliata dallo strano caso delle cose incombenti e per assicurare tranquillità a mia moglie che vive sempre sotto l'incubo della drammatica notte del mio arresto.
5 ottobre 1944
L'azione a Cesio ha effettivamente dato luogo a rappresaglie da parte tedesca.
Si dice che in Vessalico siano giunti altri tedeschi di rinforzo per affrettare la riparazione del ponte.
6 ottobre 1944
Giornata d'acqua a dirotto - L'Arroscia è in piena e tutti si augurano che cresca maggiormente onde ostacolare ai tedeschi le riparazioni ai ponti - Si nota fin da stamattina un'insolita attività di patrioti: ve ne è una vera invasione.
L'acqua ha diminuito di intensità, ma piove sempre.
Manca totalmente la farina - Oggi si è ancora distribuito un etto e mezzo di pane procapite, ma si dice che domani non sarà più possibile alcuna distribuzione.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994,  pp. 123,124