sabato 12 marzo 2022

Il 3 luglio 1944 si sparse in Triora la notizia che i tedeschi si stavano preparando per compiere un rastrellamento in grande stile

Triora (IM) - Fonte: Comune di Triora

Territorio di Triora (IM) - Fonte: Comune di Triora

[...] Il 10 giugno 1940 l'Italia dichiarò guerra alla Francia e Triora, che si trovava nelle immediate vicinanze del fronte, dovette essere evacuata. Tutti gli abitanti, compresi anche i malati, lasciarono il paese il giorno 13 e furono trasportati via ferrovia in alcune località del Piemonte e della Lombardia, dove rimasero fino al 30 giugno. Nello stesso mese di giugno il governo diede disposizioni per l'inizio dei lavori di costruzione di una grande caserma in regione Ciantà, nei pressi di piazza d'Armi. L'anno successivo il ministero della Guerra fece invece costruire in località Maddalena dall'impresa Visetti di Genova un grande serbatoio d'acqua per il rifornimento idrico del cosiddetto "casermone"; l'acqua vi venne condottata da due sorgenti della regione Gorda Sottana.
Nell'aprile del 1943 venne inaugurata la grande caserma (a quattro piani), ribattezzata dai trioresi il "casermone", intitolata al tenente colonnello Giuseppe Tamagni e destinata ad ospitare una compagnia della milizia confinaria, la GAF.
La caduta del fascismo, avvenuta il 25 luglio 1943, non ebbe particolare risonanza fra i trioresi, che rimasero quasi indifferenti di fronte al crollo del regime; maggiore eco destò invece la notizia dell'annuncio dell'armistizio con gli angloamericani il successivo 8 settembre. Durante quella stessa notte i reparti della GAF di stanza a Triora abbandonarono in fretta e furia tutte le caserme della zona e lasciarono il paese vestiti con abiti civili forniti dagli abitanti.
 

Il Monte Saccarello - Fonte: Comune di Triora

Il 9 e 10 settembre 1943 i trioresi, approfittando della fuga dei soldati della GAF, saccheggiarono il casermone portandosi via tutto quello che vi si trovava, compresi gli infissi, l'impianto elettrico, le tubature, le mattonelle e i marmi dei pavimenti. L'operazione venne ripetuta il 13 ottobre, quando, con il consenso delle autorità civili e militari del luogo, i trioresi saccheggiarono anche le caserme "Saccarello" e "Cima di Marta".
Il 22 ottobre giunse a Triora il tenente tedesco Halber, che, accompagnato da due fascisti, si rifornì di benzina e viveri. Nello stesso periodo soldati tedeschi collocarono delle mine lungo la strada di valle Argentina e nei ponti che ne attraversavano il torrente. Il giorno seguente il capitano maggiore tedesco Edgard fece arrestare l'ex capitano della Compagnia della GAF di stanza a Triora Eugenio Danovaro, e il podestà del paese Carlo Pesce, che venne però rilasciato. Danovaro fu invece condotto a Bordighera e sottoposto a stringente interrogatorio per sapere se sulle montagne trioresi vi fossero bande di partigiani e disertori.
Il capitano Edgard fece quindi perlustrare a dorso di muli e cavalli le montagne vicine a Triora alla ricerca di eventuali sbandati e disertori, e pare anche del genero del generale Badoglio, che si diceva potesse trovarsi in quelle zone, senza tuttavia pervenire ad alcun risultato positivo.
Come in altri paesi della valle Argentina, anche a Triora e nei suoi dintorni iniziarono ad operare dalla fine del 1943 delle bande di partigiani, che si diedero alla macchia nelle montagne prospicienti il paese. Il 25 marzo 1944 alcuni partigiani, che già da qualche mese si trovavano sulle alture nei pressi di Triora, scesero in paese e operarono il disarmo dei carabinieri di stanza a Triora saccheggiandone la caserma. Nell'aprile successivo altri partigiani iniziarono a prelevare viveri e generi di prima necessità nei negozi di Triora, Cetta, Creppo e Verdeggia. I partigiani, di solito, scendevano nei paesi durante le ore notturne e si recavano dai bottegai e dal podestà portandosi via la farina e i medicinali appena giunti alla popolazione.
Nello stesso lasso di tempo individui armati si presentarono dal podestà Pesce per avere le chiavi del palazzo comunale, ma, di fronte al rifiuto del podestà, si allontanarono lasciando le chiavi del Comune nella porta del palazzo municipale senza che questa venisse manomessa. Verso la fine di maggio, altri gruppi di partigiani si stanziarono sulle montagne trioresi, provocando la decisione delle autorità provinciali di non fornire più di viveri la popolazione di Triora. I principali responsabili delle formazioni partigiane che operavano a Triora, facenti capo alla 2ª Divisione garibaldina "Felice Cascione", erano Nino Siccardi di Imperia, detto Curto, Armando Izzo di Afragola (Napoli), detto Fragola, e Vittorio Guglielmo di Loreto, detto Vittò, che assunse la direzione operativa della Divisione partigiana operante nel territorio triorese.
Il 4 giugno i partigiani fecero saltare il presidio tedesco di Andagna, impossessandosi del materiale che vi si trovava e mettendo in fuga i cinque soldati tedeschi a guardia della baracca. Tre giorni dopo circa trecento partigiani scesero a Triora e occuparono il paese. Il podestà acconsentì alle loro richieste e mise in salvo alcuni impiegati del Comune che i partigiani sospettavano fossero delle spie fasciste. Il 10 giugno alcuni partigiani del gruppo di Triora distrussero la baracca che i tedeschi avevano costruito sulla strada militare della regione Stornina liberando così la strada Triora-Langan.
Il 20 giugno i tedeschi decisero di puntare su Triora con tre camion armati provenienti dalla bassa valle Argentina per compiere una rappresaglia contro le forze partigiane, che si erano già rese responsabili di parecchie azioni di disturbo contro le truppe tedesche. Nei pressi di Carpenosa però la colonna tedesca venne attaccata da un gruppo di partigiani, che ingaggiarono una lotta durissima con i tedeschi utilizzando anche dei mortai. Alla fine della battaglia si lamentarono due morti, uno per parte, e diversi feriti, che furono ricoverati nell'ospedale di Triora.
Dal 26 al 29 giugno alcuni trioresi, armati di moschetto, per prevenire possibili attacchi tedeschi, si misero a presidiare alcune delle principali vie di accesso al paese, mentre la tensione nel paese aumentava sempre di più e i contadini, per precauzione, sospendevano i lavori campestri. Il 30 giugno i partigiani piazzarono dei cannoni sulla piazza Elena e iniziarono a sparare contro il distaccamento tedesco stanziato a monte Ceppo. Due giorni dopo altri cannoni, trasportati a Langan dai partigiani, cominciarono a fare fuoco contro le postazioni tedesche di monte Ceppo.
Il 3 luglio si sparse nel paese la notizia che i tedeschi si stavano preparando per compiere un rastrellamento in grande stile. I partigiani decisero allora di sgomberare Triora per non compromettere la popolazione e si ritirarono portandosi via i feriti e due medici. Nella stessa mattinata iniziarono a convergere su Triora le prime colonne di automezzi tedeschi, inducendo la popolazione triorese, terrorizzata per l'arrivo dei tedeschi, ad evacuare il paese e a mettersi al riparo nelle campagne. Sul campanile il parroco di Triora don Barla, d'accordo con il podestà, fece issare un grande drappo bianco, visibile dall'opposto versante, per scongiurare il bombardamento del paese.
Verso le cinque del pomeriggio una colonna di quattrocento tedeschi, provenienti da Pigna, giunsero a Triora, mentre altri seicento perlustrarono Andagna e Molini, dove uccisero il partigiano triorese Pietro Bronda. Ad Andagna furono anche uccisi sei uomini presi a caso e scambiati per partigiani. Nella stessa giornata i tedeschi rastrellarono tredici persone nei pressi di Carpenosa, che non avevano avuto alcuna parte nell'attacco alla colonna tedesca, le portarono a Molini e le rinchiusero in un casa guardata a vista da alcune sentinelle armate.
Il giorno dopo i tedeschi appiccarono il fuoco alla casa bruciando vivi tutti coloro che vi si trovavano. Intanto i tedeschi giunti a Triora furono accolti dalla popolazione che offrì loro vino e frutta. I soldati presero quindi alloggio nelle caserme del paese e in abitazioni private. La sera il podestà Pesce diede un ricevimento a cui parteciparono alcuni ufficiali tedeschi. Alle prime ore del mattino del 4 luglio il comune provvide di carne, riso e vino le truppe tedesche occupanti il paese. Nel pomeriggio alcune pattuglie tedesche lasciarono Triora e si diressero verso Gorda, Verdeggia, Gerbonte e Realdo, dove bruciarono diverse case e spararono dei colpi di mortaio verso i partigiani.
Alle 16 dello stesso giorno il podestà Pesce venne condotto a Molini per essere interrogato dal comando tedesco, che lo avvertì che, dato il contegno della popolazione, il paese sarebbe stato risparmiato, ma non le tre carserme che sarebbero state danneggiate e rese inabitabili, come infatti avvenne il giorno seguente alle sei di mattina. Dopo la parziale distruzione delle tre caserme trioresi e di una delle due palazzine per ufficiali e sottufficiali, la popolazione, avvertita dal podestà che il paese non sarebbe stato incendiato, rientrarono sul far della sera a Triora dalle campagne circostanti. Verso le 12 del 5 luglio però tre grossi camion di truppe tedesche, di cui uno carico di materiale esplosivo, giunsero a Triora.
Un maresciallo che comandava la spedizione fece chiamare il podestà e gli disse di avvertire la popolazione di lasciare l'abitato perché tra due ore il paese sarebbe stato incendiato. Il podestà protestò vibratamente per la decisione di incendiare il paese che andava contro quanto stabilito in precedenza, ma le sue proteste caddero nel vuoto. Due messi comunali avvertirono in tutta fretta la popolazione dell'imminente pericolo invitandola ad evacuare immediatamente il paese. Nello spazio di un'ora e mezza oltre la metà degli abitanti riuscì a trasportare nelle vicine fasce tutta la roba che era possibile portare via, comprese le bestie e gli animali domestici, quali capre, conigli e galline.
Non tutte le famiglie furono però avvertite in tempo e molte non riuscirono quindi a mettere in salvo i loro averi. Un'ora dopo l'avviso del comando tedesco il paese era quasi completamente evacuato. I tedeschi si diedero allora ad un vandalico saccheggio dei negozi, degli uffici del comune e delle abitazioni private, asportando tutto ciò che li interessasse e scardinando le porte delle case.
Alle 14 i tedeschi iniziarono a pennellare con liquidi neri incendiari le porte delle abitazioni e a porre cassette di tritolo all'ingresso e alle fondamenta degli edifici principali. Le squadre tedesche impegnate nell'opera di distruzione del paese furono tre: la prima si diresse verso via Cima, la seconda verso il quartiere Poggio e la terza imboccò la via Dietro la Stretta. Nel quartiere Poggio, dove non fu utilizzato il tritolo, vennero incendiate cinque case. La squadra, operante nella zona di via Cima, fece invece ampio uso di tritolo e bombe incendiarie. Tutte le case collocate in vicolo Rizetto, posto fra via Cima e regione Ciappe, furono letteralmente rase al suolo.
Dopo la distruzione del Rizetto i tedeschi fecero saltare in aria la palazzina detta della "Scia Marì", cioè Signora Maria, ricca di pregevoli opere d'arte. Fu poi la volta del palazzo dell'ingegner Antonio Capponi, anch'esso contenente numerose opere d'arte. Venne anche distrutta l'attigua caserma dei carabinieri, mentre la soprastante chiesa di San Dalmazzo fu risparmiata. Furono poi fatti saltare in aria o incendiati diversi edifici siti nella piazza della Collegiata, tra cui il locale delle poste e telegrafi e l'albergo dei Cacciatori attiguo all'oratorio di San Giovanni Battista.
I tedeschi passarono quindi in via Roma, dove distrussero parzialmente il palazzo Stella, in cui si trovavano diversi importanti quadri. Furono poi demolite le case site in via della Carriera e posta una notevole quantità di tritolo presso Porta Peirana, che distrusse radicalmente tutto il quartiere circostante. In seguito i tedeschi rasero al suolo il palazzo comunale, distruggendo così il ricco archivio e le preziose suppellettili che vi si trovavano. Venne anche parzialmente danneggiato l'edificio ospitante l'ospedale civico. Al termine dell'immane devastazione, dei sei quartieri di Triora, ne furono distrutti o danneggiati tre: Poggio, Cima e Carriera, mentre gli altri tre, Castello, Camurata e Sambughea, furono risparmiati.
Pare però che i tedeschi avrebbero voluto distruggere anche il quartiere della Sambughea, in quanto, dopo la loro partenza, gli abitanti, tornati nel paese, trovarono 50 chilogrammi di tritolo presso l'ingresso della casa Faraldi in via Cava, la cui esplosione avrebbe senz'altro provocato la distruzione delle case contigue che sarebbero franate su quelle della Sambughea schiacciandole completamente.
Terminata l'opera di distruzione, i militari tedeschi salirono su tre camion e lasciarono il paese. Verso le 19 i primi trioresi rientrarono in paese e iniziarono a spegnere gli ultimi focolai dell'immane incendio, ma quando si sparse la voce che quattro tedeschi, armati di mitra, si stavano dirigendo a Triora da Molini, quelli che erano ritornati fuggirono di nuovo terrorizzati, mentre l'enorme rogo continuava la devastazione delle case. Solo la mattina del 6 luglio furono domati gli ultimi focolai dell'incendio.
Il disastro aveva provocato la distruzione totale o parziale di una settantina di case. Le famiglia rimaste senza casa ammontavano a cinquantadue. In piazza della Collegiata vennero distribuiti viveri alla popolazione sinistrata, mentre, nella stessa giornata, il podestà Pesce istituì tre commissioni: una, per lo sgombero delle macerie, era presieduta da Antonio Asplanato; l'altra per l'alloggio ai sinistrati da Giovanni Viale; la terza, per la fornitura dei viveri, da Adolfo Faraldi. Aiuti ai sinistrati giunsero anche da altre località per un totale di trentamila lire tra denaro e indumenti. Ma il disagio durò ancora diverso tempo, mancando i generi essenziali come il sale e non funzionando nemmeno il servizio postale, fino a quando giunsero viveri da Pigna e da Rezzo. Gli uffici del comune furono sistemati provvisoriamente nell'oratorio di San Giovanni Battista, dove fu anche celebrata una messa la domenica successiva l'incendio del paese. Per oltre due mesi, molti abitanti continuarono a dormire ancora nelle campagne, dove era rimasta anche la roba portata dal paese prima dell'incendio.
L'11 ottobre successivo reparti tedeschi si stanziarono a Triora fermandovisi per circa 40 giorni. Il giorno dopo i tedeschi cominciarono a requisire viveri, vino, fieno, legna e grano. I civili furono obbligati a trasportare le derrate alimentare con i loro muli o, in mancanza di questi, anche di persona, e l'obbligo venne esteso anche alle donne. Gli uomini dovevano anche strigliare muli e cavalli, pulire le stalle e spaccare la legna. Le persone che portavano del cibo ai loro familiari nelle campagne erano poi obbligate a munirsi di uno speciale permesso per evitare di essere sospettate di aver portato alimenti ai partigiani.
Il 21 ottobre i tedeschi prelevarono una ventina di uomini di Triora come ostaggi portandoli a Dolceacqua ma rilasciandoli dopo due giorni. Nel mese di ottobre soldati tedeschi fecero anche incursioni a Creppo e Gerbonte, dove incendiarono diverse case e asportarono capi di bestiame. Il 9 novembre, in occasione dell'anniversario delle vittime naziste del putsch di Monaco di Baviera del 1923, le truppe tedesche di stanza a Triora, Molini e Andagna si riunirono a Triora presso l'oratorio di San Giovanni Battista, dove commemorarono i caduti del putsch con un pranzo e canti popolari.
Il 18 novembre i tedeschi lasciarono Triora, mentre, nello stesso giorno, aerei alleati sganciavano delle bombe presso il torrente Capriolo senza tuttavia fare danni e vittime. Il 3 dicembre successivo tutti gli uomini di Triora vennero condotti nella piazza della Collegiata. I militi repubblichini dissero che avevano bisogno di uomini per riparare la strada militare interrotta dai partigiani. Di questi uomini ne furono presi una ventina e portati a Pigna, dove una parte venne rilasciata, mentre altri tredici furono trasferiti a Sanremo come ostaggi, e poi rilasciati dopo sei giorni grazie all'intervento del podestà di Triora.
Il 10 dicembre alcuni partigiani lanciarono una bomba anticarro contro due automobili tedesche sulla strada militare Molini-Rezzo facendo diverse vittime tra i tedeschi. In seguito a questo grave episodio, a Triora la gente ripiombò nella paura temendo un'altra terribile rappresaglia. Due giorni dopo i fascisti "Cacciatori degli Appennini" occuparono Triora e la zona circostante ordinando la chiamata alle armi ai giovani trioresi soggetti al servizio militare. Il 23 gennaio 1945 i fascisti effettuarono un primo rastrellamento dei giovani inclusi nelle classi chiamate alle armi. Il 14 febbraio i partigiani assalirono una colonna di fascisti e tedeschi a Langan, uccidendo cinque fascisti e ferendo gravemente un tedesco, mentre un altro tedesco, salvatosi, raggiunse Briga, dove aveva sede il comando tedesco, per avvertire i superiori dell'eccidio. A Triora la popolazione tornò nel più totale sgomento e temette seriamente una nuova rappresaglia tedesca.
Verso il 20 febbraio i "Cacciatori degli Appennini" lasciarono Triora e furono rimpiazzati dai militi repubblicani, detti Bande Nere, facenti parte della Guardia Nazionale Repubblicana. Il 28 febbraio i tedeschi riuscirono ad impossessarsi di un cifrario indicante i segnali da fare agli aerei alleati per avere soccorsi. Fu quindi ordinato agli aerei alleati di sganciare viveri e altro materiale sulla cima del monte Marta, come infatti avvenne poco dopo. I tedeschi, nascostisi con i loro muli nelle stalle e sotto gli alberi, si impossessarono quindi dell'ingente materiale lanciato dagli aerei alleati e lo fecero trasportare da uomini e donne di Pigna e Briga nella vicina Briga. Parte di questo materiale sarebbe poi stato consumato o distrutto a Briga, e il restante trasportato a Ivrea. L'11 marzo si verificò un altro rastrellamento di giovani chiamati alle armi, mentre la zona Bregalla-Creppo-Gerbonte veniva perquisita casa per casa. Verso la fine del mese vari partigiani ed un civile di Gerbonte vennero uccisi dai tedeschi. In totale i caduti nelle azioni partigiane svoltesi a Triora e dintorni tra la fine del 1944 e i primi mesi del '45 furono parecchi da entrambe le parti.
Tra il 23 e il 24 aprile 1945 iniziò la ritirata dei tedeschi, che, con carriaggi e cannoni, scesero a valle tra i castagneti di Stornina. I mulattieri trioresi furono obbligati a trasportare materiale tedesco dai militi repubblichini. Durante la ritirata un soldato repubblichino sparò un colpo di cannone che arrestò momentaneamente la marcia della colonna tedesca, che, però, dopo venti minuti, riprese il viaggio verso valle. [...]
Redazione, La Storia di Triora, Comune di Triora

Triora (IM) - Fonte: Comune di Triora

Anche a Triora i tedeschi arrivarono il 3 luglio 1944, accolti dalla popolazione che offrì loro vino e frutta.
Il comando tedesco assicurò il podestà che "non sarà usata rappresaglia contro Triora in considerazione del buon comportamento della popolazione locale. Saranno però rese inservibili le 3 caserme già occupate dai partigiani".
Il giorno seguente, invece, i nazisti, oltre agli obiettivi militari sopradetti, bruciarono con le stesse tecniche impiegate a Molini di Triora ben metà delle case del centro abitato.
Sul far della sera del 5 luglio 1944 i tedeschi lasciarono quei luoghi, lasciando dietro di sé distruzione e disperazione.
A Triora come a Molini fu tuttavia viva la solidarietà degli abitanti meno colpiti verso coloro che avevano avuto tutto distrutto.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I - Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998 - 1999

Territorio di Triora (IM) - Fonte: Comune di Triora

I tedeschi non si fecero vedere fino al 22 ottobre 1943, quando in cerca di benzina e viveri giungeva a Triora il tenente tedesco Halberg, accompagnato da due fascisti, mentre altri armati del Reich stendevano campi minati e imbottivano di tritolo i ponti in Valle Argentina. II giorno dopo, il capitano tedesco Edgard faceva arrestare Eugenio Danovaro, ex ufficiale della GAF, ed il podestà Carlo Pesce. Danovaro era condotto a Bordighera ove subiva interrogatori in quanto presunto caporione di ribelli e probabili bande di disertori e sbandati. A tale riguardo, l'Edgard, con altri commilitoni, perlustrava a dorso di mulo le montagne circostanti il paese.
Più o meno in quel torno di tempo gli antifascisti locali d'antan avevano costituito il primo CLN Comunale, così formato: Adolfo Borelli, presidente (PCI); Egidio Antola, segretario (ind.); Mario Arnaldi (PSIUP), Giobatta Oddo (PCI) e Angelo Lanteri (PSIUP), membri. In seguito questo CLN varierà in parte nella composizione e nella rappresentanza, con l'uscita di Antola e Oddo e l'ingresso di Angelo Gazzano per il PCI e Luigi Lanteri per il PLI, mentre Adolfo Borelli rappresenterà il Pd'A e Angelo Lanteri la DC. Il CLN di Triora era in contatto con il CLN Circondariale di Sanremo.
Triora fu uno dei primi Comuni a costituire una Giunta Popolare cospirativa, composta: Antonio Asplanato sindaco, con Lorenzo Giordano, Giacomo Moraldo, Lorenzo Novella e Domenico Velli consiglieri. Carlo Pesce, ufficialmente podestà del Comune, al tempo stesso aveva rapporti con la Resistenza e con il comandante partigiano Vittorio Guglielmo (Vittò).
Nell'ambito della lotta di Liberazione è, altresì, doveroso ricordare il medico Giuseppe Bottari per il prezioso aiuto da lui dato alle forze partigiane.
Il primo ottobre 1944 Libero Briganti (Giulio), commissario della II Divisione d'assalto Garibaldi "F.Cascione", a Triora aveva convocato i rappresentanti delle Giunte cospirative di Badalucco, Montalto, Molini di Triora e Carpasio  per discutere alcuni problemi, tra cui la nomina di un rappresentante dei Partiti antifascisti in ciascun paese, la distribuzione dell'olio prodotto dai vari Comuni alla popolazione della vallata ed il suo prezzo, il prezzo della carne, del latte, delle patate, delle castagne, del grano, del carbone e così via, tenendo conto della poca capacità di acquisto degli abitanti dei paesi colpiti duramente dalle rappresaglie nemiche. La relazione scritta dal commissario Giulio termina nel modo seguente:" Dagli interventi dei rappresentanti dei sopraccitati Comuni risulterebbe che lo stato d'animo di tutta la popolazione della vallata è favorevole ai partigiani. Se il nostro Comando fosse in grado di disporre delle armi, potrebbe inquadrare rapidamente dai 200 ai 300 uomini. I contadini non oppongono nessuna difficoltà per la consegna temporanea ad esso dei loro muli...".
Alla data del 25 aprile 1945, sulla scorta della documentazione, la Giunta della Liberazione risultava così composta: Carlo Pesce sindaco, Adolfo Faraldi assessore anziano, Giobatta Oddo assessore supplente. Successivamente veniva nominato sindaco Giacomo Saldo, con Adolfo Faraldi assessore effettivo, Giacomo Moraldo e Giacomo Lanteri assessori supplenti.
[...] Durante i giorni che vanno dal 3 al 6 luglio i tedeschi compiono su Triora il più duro e feroce rastrellamento di tutto il periodo della Resistenza: case incendiate o distrutte, rapine di tutti i generi, desolazione a non finire. Dall'11 ottobre al 10 novembre 1944 il paese rimaneva presidiato dai tedeschi che, prelevati una decina di ostaggi, li trattenevano a Dolceacqua per alcuni giorni.
Nel 1945, durante i due primi giorni di febbraio a Carmo Langan venivano catturati una decina di nemici, puniti poi severamente dal Tribunale della V Brigata partigiana. Il 14 successivo scontri con il nemico nelle zone di Bregalla, Gorda e Foresto. Purtroppo il 28 dello stesso febbraio un lancio alleato cadeva in mano ai tedeschi su Monte Vacché (Cima di Marta), mentre i partigiani nell'operazione perdevano quattro uomini.
Il 16 aprile 1945 il Comando tedesco, constatato il continuo aumento dell'attività partigiana, faceva affiggere dal podestà il seguente avviso: "Da oggi fino a nuovo ordine il coprifuoco è fissato dalle ore 8 di sera alle sette del mattino. Nessuno deve transitare per le campagne, per i boschi, e devono essere percorse solamente le strade principali. Sono considerate strade principali, oltre le carrozzabili, anche le mulattiere Molini Triora, Molini Andagna, Molini Corte, Triora Loreto Creppo Realdo Verdeggia, Triora Cetta Bregalla, Triora Goina..."
Una trentina di cittadini di Triora sono stati riconosciuti partigiani combattenti al termine del conflitto, quattordici caduti in combattimento
[...] Durante le tremende rappresaglie, fortuna volle che fossero relativamente pochi a Triora i civili uccisi dal nemico rispetto ai tremendi danni subiti dalle abitazioni e dalle campagne. Nondimeno tragica fu la fine di cinque inermi abitanti di quelle contrade. Ecco i loro nomi: Ernesto Arnaldi fu Antonio, Antonio Borelli fu Antonio, Francesco Lanteri fu Francesco, Giobatta Laura di Giovanni, Antonio Rebaudo fu Antonio. Dolorosi senz'altro anche i danni materiali subiti da una popolazione già abbastanza provata dai disagi e dalle ristrettezze del tempo di guerra. Dunque, riguardo ai danni all'abitato, contiamo ventisei case distrutte, quarantatré gravemente danneggiate, quarantotto danneggiate solo in parte. Quanto all'agricoltura, diciamo che sono stati incendiati una sessantina di casolari, una ventina di stalle e fienili, asportati tutti i veicoli a traino animale. Ingente la perdita di bestiame: sessantasette bovini, diciotto equini, duemila ovini razziati dal nemico. Si aggiungano quasi tremila quintali di fieno, centocinquanta di paglia, trenta di cereali, settanta di vino, trecento di patate. Infine, per quanto riguarda il commercio, risultarono incendiati, distrutti o saccheggiati ventitré negozi, magazzini e rivendite.
I militari reduci dall'internamento in Germania o nei Balcani furono ventiquattro (la maggior parte fatti prigionieri in zone di operazioni in Grecia, Albania, Iugoslavia, altri rastrellati nel Veneto). Tutti patirono le più atroci sofferenze a causa soprattutto del lavoro forzato, della fame e dei maltrattamenti subiti da parte dei tedeschi in qualità di I.M.I. (Internati Militari Italiani), sottratti alla protezione delle convenzioni internazionali sui  prigionieri di guerra.
Triora è da considerare uno dei paesi del Ponente ligure che più hanno dato alla lotta di Liberazione non solo per partecipazione di uomini, ma anche in termini di sofferenze e di privazioni.
Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 
 

venerdì 4 marzo 2022

A conoscenza che il 28 i Tedeschi avevano lasciato Ceriana, il Comando della divisione decide di effettuare un attacco contro il presidio repubblichino

Ceriana (IM)

«Orsini» (Agostino Bramé) racconta:
"Da molti giorni era in istudio presso il Comando della V Brigata un'azione da condurre contro Ceriana, posta sulla strada Sanremo-Baiardo a 12 Km. dalla costa. Molte erano le difficoltà da superare. Infatti il presidio di Ceriana era composto da una trentina di tedeschi e da circa 80 bersaglieri, per la maggior parte volontari, gente esaltata e particolarmente accanita contro le nostre formazioni. Gli uomini del presidio di Ceriana, aspettando o, per lo meno, presumendo un attacco da parte nostra, avevano preso tutte le misure del caso, ponendo reticolati e cavalli di frisia attorno alle loro postazioni, fortificando e barricando le case ove essi alloggiavano. Ostacolo particolarmente difficile era offerto dalla galleria posta all'ingresso del paese per chi proviene da Baiardo: nell'interno di essa erano piazzati quattro fucili mitragliatori con due sentinelle fisse. Il 28 settembre 1944 ci giungeva notizia che i tedeschi si erano allontanati da Ceriana lasciandovi solo 5 o 6 uomini. I bersaglieri invece rimanevano al completo. Si decideva allora di studiare e condurre l'attacco.
Il Vice Comandante di Brigata Brescia [n.d.r.: Umberto Bonomini] si portava presso il II° Distaccamento e con il Comandante Gino [n.d.r.: Gino Napolitano] prendeva tutti gli accordi e le disposizioni necessarie per la buona riuscita dell'azione che veniva fissata per il giorno 30 Settembre alle ore sei. Contemporaneamente veniva inviato ordine all'VIII Distaccamento di Gori [n.d.r.: Domenico Simi] affinché inviasse una trentina di uomini sulla strada Sanremo-Ceriana allo scopo di impedire l'afflusso di rinforzi durante l'azione. Nella notte, mentre due uomini interrompevano le comunicazioni telefoniche fra Ceriana e Sanremo, quattro squadre del II° Distaccamento si portavano ai posti di battaglia, in precedenza fissati, con compiti specifici e ben definiti. Non appena dal campanile del paese scoccavano le sei, tutti si ponevano in movimento.
Le due sentinelle alla galleria venivano sorprese e disarmate, i quattro fucili mitragliatori prelevati, l'alloggio di una squadra di bersaglieri assalito e l'intera squadra catturata. Tutto procedeva secondo quanto previsto, senonché una pattuglia di bersaglieri, che stava eseguendo un giro esplorativo, gettava l'allarme in paese con lancio di bombe a mano e nutrito fuoco di fucileria. In un attimo tutti i bersaglieri uscivano dalle loro camerate e si trinceravano nelle case, dalle finestre delle quali aprivano un violento fuoco. Pertanto veniva dato ordine alle nostre squadre, che già erano nell'interno del paese, di arretrare e portarsi fuori tiro. Ciò veniva eseguito in perfetto ordine. Dopo pochi minuti si tentava un altro attacco che veniva respinto. Si decideva allora di mettere alla testa di una nostra squadra i bersaglieri già catturati e di avanzare dietro di loro. I bersaglieri rimasti in Ceriana, benché accortisi di  quanto stava succedendo, non esitarono a sparare sui loro stessi compagni. Si doveva quindi desistere da ogni ulteriore tentativo, tanto più che era entrato in azione un pezzo anticarro da 47/32 che batteva i dintorni del paese. Veniva allora inviato uno dei bersaglieri catturati dal Capitano comandante il presidio per chiedergli la resa. Il bersagliere tornava portando risposta negativa, mentre più violento si faceva il fuoco dei difensori, appoggiati anche da alcune  mitragliatrici pesanti. Tutti i Garibaldini che parteciparono all'azione facevano allora ritorno all'accampamento. Non si lamentò alcun ferito da parte nostra.
Risultato dell'azione:
1) Catturati: quattro fucili mitragliatori (due Saint-Etienne e due Breda), un Mitra Beretta, una pistola automatica e due cassette di munizioni per fucile mitragliatore.
2) Fatti prigionieri otto bersaglieri fra i quali un sergente.
3) Ferito mortalmente con tre colpi il Tenente Perrucchetti, tristemente famoso per la sua crudeltà e la sua faziosità, nonché un caporale maggiore e due altri bersaglieri.
4) Probabilmente colpiti da una nostra raffica altri sei o sette bersaglieri".
Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, Edizioni ALIS, Sanremo, 1946, ristampa del 1975 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia
 
[...] Per mezzo degli informatori venuto a conoscenza che il 28 i Tedeschi avevano lasciato Ceriana, il Comando della divisione «F. Cascione» decide di effettuare un attacco contro il presidio repubblichino e incarica Umberto Bonomini (Brescia), vicecomandante della V brigata, di elaborare il piano d'azione e portare a compimento l'impresa.
Il distaccamento di Gino Napolitano (Gino), dislocato in località Beulla, ritenuto il più preparato come uomini e mezzi, viene scelto per l'attacco che, tuttavia, presenta paurose incognite.
Infatti sarebbe follia cercare di affrontare e piegare i nemici con la forza; ai primi colpi il campo rimarrebbe subito a loro e, per questo, non varrebbe sacrificare inutilmente gli uomini. Quindi, pensano i garibaldini, se non si può attuare una strategia campale per l'enorme disparità numerica e, soprattutto, di armamenti, si può sempre giocare secondo il sistema tattico della guerriglia: sorpresa e audacia.
Però questi due fattori non serviranno a neutralizzare i cannoni e i troppi mortai dei bersaglieri fascisti.
Questo pensano «Gino» e «Brescia», i due capi partigiani, ma conoscono bene il coraggio dei loro volontari e sanno che al momento opportuno risponderanno all'appello col fuoco del loro entusiasmo, non meno micidiale di quello delle armi.
Studiano con meticolosa cura la zona e le opere di difesa nemiche e decidono di passare senz'altro all'attuazione del piano di attacco, basato essenzialmente su tre elementi caratteristici di ogni azione partigiana: eludere la sorveglianza del nemico, illuderlo sulla vera entità delle forze operanti e sorprenderlo con azione rapida e sconcertante. Oltre quaranta garibaldini del 2° distaccamento partecipano all'azione; oltre quaranta ribelli non bene in arnese, come si suol dire, contro 150 soldati repubblichini ben riforniti, equipaggiati di tutto punto, agguerriti e guardinghi. Il bollettino che il comando fascista emetterà all'indodomani, per mascherare un nuovo scacco subito e salvare, così, almeno a parole, l'onore assai dubbio della sua bandiera, parlerà di  «... 400 fuorilegge contro quindici valorosi guerrieri combattenti sotto le insegne del Littorio ...».
Alle sei precise del mattino, scoccate dal campanile, il 30 di settembre, mentre una trentina di uomini dell'8° distaccamento «Gori» bloccano la strada San Remo-Ceriana per ostacolare l'afflusso di rinforzi e due partigiani interrompono le comunicazioni telefoniche tagliando la linea dei fascisti, quattro squadre di dieci uomini ciascuna scattano contemporaneamente all'attacco del forte presidio nemico che è ubicato al centro del paese, investendo Ceriana da quattro lati. Le sentinelle avanzate vengono sorprese, catturate e disarmate, così quelle della galleria, mentre una squadra di sei bersaglieri è catturata in un alloggio della periferia. L'azione è facilitata dal sottonente Nino De Sanctis e  dal sergente Baldo della 7^ compagnia bersaglieri, che, accordatisi in precedenza, lasciano entrare i garibaldini nell'accampamento.
Ma nonostante ciò, con lancio di bombe a mano una pattuglia nemica riesce a dare l'allarme e la lotta ha inizio. I bersaglieri e i cinque Tedeschi rimasti, adottando una tattica mai prima usata in simili casi, si sparpagliano nelle case dei civili improvvisandosi franchi tiratori e aprono un fuoco infernale  sui  garibaldini  che  avanzano  per  i  viottoli del  paese.  Da ogni lato  il  piombo  nemico  fischia  rabbioso e  contrasta il passo ai partigiani che combattono come possono. Dopo mezz'ora d'impari lotta le quattro squadre attaccanti si ritirano sulle basi di partenza alla periferia del paese.
I comandanti si concertano, si interrogano gli uomini: la volontà unanime è di continuare, di non  mollare. Durante la pausa il bersagliere prigioniero Visconti da Desenzano viene inviato dal comandante del presidio per chiedere la resa. Viene respinta. Allora le «stelle rosse» (così il nemico chiamava i partigiani) ritornano nella mischia cruenta, avanzando in ordine sparso e mirando con calma e precisione sulle divise grigioverdi dei fascisti. Anche alcuni Cerianesi partecipano alla lotta.
Lo stesso tenente Perrucchetti comandante del presidio, un caporal maggiore e due bersaglieri rimangono mortalmente feriti; sembra che la stella giustiziera guidi le schiere di «Gino» e di «Brescia», le quali catturano altri nemici, mentre una mezza dozzina rimangono colpiti in modo grave da raffiche di mitra.
Questa seconda partita si conclude in meno di un quarto d'ora con un brillante successo: i partigiani si ritirano senza aver subito perdite. Attaccano una terza volta per far cadere gli assediati e una terza ondata di guerriglieri, che sono obbligati a portare con loro i prigionieri, investe nuovamente Ceriana. I nazifascisti non esitano a sparare sui loro uomini; riusciti a piazzare due cannoni per difendersi da un pugno di armati, sparano a zero; i boati coprono le altre voci della battaglia.
Intanto camions carichi di rinforzi nemici provenienti da San Remo si dirigono a tutto motore sul luogo degli scontri.
La situazione diventa insostenibile per i garibaldini e la ritirata si rende necessaria, tanto più che un bersagliere, inviato al Comando fascista per chiedere nuovamente la resa, era ritornato con risposta negativa.
Infatti i garibaldini del 2° distaccamento si sganciano e retrocedono in buon ordine verso il loro accampamento con la preda bellica comprendente due mitragliatrici pesanti «Saint-Etienne», due mitra «Breda», un mitra «Beretta», diverse  pistole, moschetti, munizioni e undici prigionieri.
Ventun nemici messi fuori combattimento (morti e feriti), sono il lusinghiero bilancio di questa giornata di lotta che ha dato una chiara, luminosa risposta all'invito scritto sui muri di Baiardo dagli stessi bersaglieri durante un rastrellamento: « Se avete del coraggio veniteci a trovare» (1).
Una seconda volta non lo scrissero più.
(l) I bersaglieri catturati nella lotta erano del primo plotone, i medesimi che il 25 di settembre avevano saccheggiato Baiardo con particolare ferocia. Probabilmente si trattava di un plotone scelto. Fatti sfilare per il suddetto paese  prima della punizione, vennero sottratti a stento alla popolazione desiderosa di linciarli (da una relazione del Tribunale di brigata).
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. La Resistenza nella provincia di Imperia da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977
 
[n.d.r.: per combinazione su questi fatti di Ceriana ci sono anche delle narrazioni di nostalgici saloini, che qui sotto si riportano in stralci...]

Lettera del capitano Pietro Borroni, dei Bersaglieri di Salò, cit. infra

Vi prego portare a conoscenza della Famiglia Gazzaniga che il Cap. Gazzaniga Attilio residente a Zinesca Via Roma II risulta disperso in zona di operazioni per azione contro bande ribelli il 30 settembre 1944. Da informazioni di testimoni oculari è certo che il disperso ha reagito coraggiosamente e combattuto meritando perciò il trattamento di "presente alle bandiere". Il Comandante di Battaglione, Cap. Pietro Borroni, Comando 2° Battaglione Bersaglieri "Maiora Viribus Audere", Al Capo della Provincia - Pavia, proto 5742 in data 22 novembre 1944, oggetto: caporale Gazzaniga Attilio [...] La situazione in Ceriana è tranquilla e apparentemente sotto controllo, nostro per l'esattezza. Sono le prime ore del pomeriggio e, da solo, mi viene voglia di fare una visitina agli amici che presidiano il posto di controllo verso Baiardo [...] Quel poveraccio, in fondo - che voleva rendersi utile ai suoi amici partigiani - è stato tratto in errore soltanto dalla varietà del nostro abbigliamento, non proprio 'uniforme' nel senso letterale della parola: nel mio caso, visto di spalle, potevano essergli fatali i miei pantaloni mimetici ed il berretto, analogo, che portavo in luogo dell'inconfondibile fez. Sicuramente quella persona non leggerà mai questa mia memoria ma, se potesse venirne a conoscenza, potrebbe per assurdo riscrivere all'anagrafe di Ceriana una nuova data di nascita, collocandola in quel giorno di ottobre del 1944 [racconto di]  Franco Leotta
[...] Una banda di ribelli travestiti da bersaglieri sorprende in piena notte gli uomini di guardia e riesce così a prelevare molti militari del primo plotone che stanno dormendo tranquillamente nei loro alloggiamenti. Per fortuna non tutto va liscio a questi gentiluomini dell'imboscata: uno dei prelevati, il bersagliere Passarella, non ci sta e tenta una disperata ribellione. Partono di conseguenza alcuni colpi di arma da fuoco che mettono in allarme l'addormentato presidio. Il coraggioso "commando" scappa velocemente, trascinando con sé gli ostaggi, al di là della ben nota galleria dove si sente più sicuro. È così che inizia il 2 ottobre 1944 in quel di Ceriana, e cioè molto male [...] E' uno dei bersaglieri appena prelevati, un certo giovanissimo Luigi Visconti che è latore di un ultimatum: i bersaglieri devono arrendersi senza condizioni, pena l'uccisione di tutti gli ostaggi e questa minaccia sarà resa operativa anche nel caso in cui Visconti medesimo non abbia fatto ritorno con la risposta. Nessuno naturalmente pensa di arrendersi e tutti sconsigliano il ragazzo dal fare ritorno presso i rapitori ché il risultato purtroppo sarà/sarebbe comunque identico, ma il Visconti non vuole sentir ragioni e ritorna là dove ci sono, prigionieri, i suoi amici, portando la risposta della settima compagnia. (In giornata, poi, dopo alcune ore, verrà assassinato con un raro ingegnoso sistema di cui parleremo in seguito, insieme a tutti gli altri bersaglieri che erano stati prelevati). Passano alcune ore, si è fatto giorno, e si decide di inviare a Taggia un volontario (la missione ha scarse probabilità di riuscita; la si potrebbe definire "disperata") con l'incarico di mettere a giorno della situazione il comando di battaglione. Chiede ed ottiene l'incarico un mio amico, il bersagliere Arrigo Dante Biasioli di Milano, studente universitario, iscritto al primo anno della facoltà di medicina. Viene messa a disposizione una vecchia scassata bicicletta con la quale, trovandosi ad essere per una volta "bersagliere ciclista", il Biasioli parte a tutta birra per quella strada che in ripida discesa va verso una località chiamata Santa Filomena. Come sanno bene tutti quelli della settima compagnia questa Santa ci era decisamente ostile e, logicamente, si dimostrò tale anche in quell'occasione. Il "bersagliere ciclista" non giunse mai a Taggia, perché i partigiani, che avevano circondato completamente Ceriana, riuscirono faticosamente a bloccarlo proprio nei pressi di una maledetta curva, nota appunto come "la curva di Santa Filomena". Si seppe in seguito che quelle brave persone, dopo di avergli fatto scavare una fossa, qualche giorno dopo lo avevano assassinato con uno sbrigativo colpo di pistola alla nuca. Nel frattempo a Ceriana ci furono un po' di fuochi d'artificio. Loro sparavano verso il paese e dal paese noi cercavamo di fare del nostro meglio [...] E' interessante il resoconto che tale Agostino Brame detto "Orsini" fa dell'attacco del 2 ottobre a Ceriana [...] Perché l'autore non ha scritto di come dove, invece, vennero torturati e uccisi i bersaglieri nel sonno a Ceriana, ché appunto di costoro si sta parlando? Certamente una certa imprecisione nel ricordare o una non voluta dimenticanza. Capita nelle migliori famiglie, figuriamoci in quell'ambiente. Io non ne faccio una questione di destra o sinistra, di sopra o di sotto, o di un determinato colore [...]
Umberto Maria Bottino, I nostri giorni cremisi. 1943-1995, Attilio Negri srl, Rozzano, 1995

martedì 22 febbraio 2022

La parola d'ordine sarà "della soda per pescare"

Sanremo (IM): Madonna della Costa

1 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, a firma di Albatros [Mario Mascia], prot. n° 517/CL, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley, britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] ed alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che i nemici avevano scoperto a Bordighera [in effetti Vallecrosia e Camporosso Mare] il luogo in cui sbarcava Renzo [Renzo Stienca Rossi], ormai strettamente sorvegliato dalle SS tedesche. "… Vi comunichiamo urgentemente che i nazifascisti hanno scoperto il luogo di sbarco di Renzo a Bordighera. Le S.S. germaniche sono state appostate sul luogo stesso ed i bersaglieri sono sotto strettissima sorveglianza. Uno sbarco, quindi, al momento attuale sarebbe pericolosissimo, anzi fatale. È essenziale che radiotelegrafiate immediatamente in Francia perché la partenza di Renzo sia rimandata in attesa di nostre disposizioni in merito a meno che non si possa lanciarlo per paracadute. Vogliate provvedere senza indugio perché ne va della vita dei nostri uomini e della nostra organizzazione…"

1 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, a firma di Albatros [Mario Mascia], prot. n° 519/CL, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley, britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] ed alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” della II^ Divisione "Felice Cascione" - Comunicava che l'appuntamento tra "Curto" [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Liguria] e le formazioni cittadine avrebbe avuto luogo il 4 aprile presso le formazioni partigiane di montagna ed esprimeva ringraziamenti per avere sistemato la famiglia di "Martì".

2 aprile 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria ai CLN di Imperia, Albenga e San Remo - Fissava con urgenza una riunione alla presenza del rappresentante alleato per il 5 aprile, alla quale dovevano intervenire anche le formazioni di montagna e le SAP, riunione "fondamentale per la preparazione dei piani per l'ultimo attacco decisivo e per la discesa sulla costa".

3 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 521/CL, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Trasmetteva, per incarico della delegazione militare di zona di Imperia, un ordine di convocazione.

3 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 531/CL, al SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che il 4 o il 5 aprile si sarebbe tentato di liberare dall'ospedale di Sanremo "Luciano", "Lungo" e la sorella di "Bergonzo".

5 aprile  1945 - Dal C.L.N. di Sanremo (IM), prot. n° 539/SIM, al SIM (Servizio Informazioni Militari) della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Informava che continuano gli scavi di fossi in molte parti della città, a San Bartolomeo [Frazione di Sanremo] i tedeschi sono stati sostituiti dai bersaglieri, tutti i servizi saranno spostati a Pieve di Teco; nella notte vi è stato un consistente traffico di carriaggi in direzione Imperia; sembra certa la partenza dei tedeschi, tranne le SS e i guastatori

5 aprile 1945 - Dall'Ispettorato della I^ Zona Liguria al CLN di Sanremo - Segnalava che il Comando Operativo della I^ Zona Liguria esigeva, dato che il CLN era finalmente in possesso di armi, che le SAP funzionassero al meglio "anche per sfatare le convinzioni di molti che le formazioni cittadine abbiano scarsa capacità militare". Elogiava la Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] e la stampa del CLN di Sanremo. Consigliava di utilizzare le squadre del Distaccamento "Battagliero" e la squadra di "Dorio" [Mario Chiodo, ufficiale di collegamento del Distaccamento SAP "Giobatta Zunino"] per procedere alle tassazioni.
 
7 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 375, al C.L.N. di Sanremo - Sollecitava l'invio di tre milioni di lire al comando della V^ Brigata, che avrebbe provveduto all'inoltro della somma al Comando Operativo della I^ Zona Liguria.

7 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo (IM), prot. n° 551, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Segnalava l'affissione in data 2 aprile in Sanremo di un manifesto fascista a firma "Mangano" [comandante di un Distaccamento di Brigate Nere a Sanremo] che minacciava l'uccisione di 10 ostaggi qualora non fosse stato liberato il soldato repubblichino Zunino, catturato dai partigiani il giorno di Pasqua. Aggiungeva che Mangano aveva dichiarato il 4 aprile di avere saputo da Don Boccadoro che i garibaldini avrebbero rilasciato l'ostaggio in cambio di Siri, detenuto dai tedeschi. Chiedeva, siccome il 6 aprile "con una ridicola messa in scena Mangano eseguiva nella sacrestia di San Siro lo scambio degli ostaggi tra lacrime ed abbracci", se veramente lo Zunino era stato prelevato dai partigiani.
 
7 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 554, alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che forse anche le SS sarebbero presto partite da Sanremo e che Mangano [comandante del Distaccamento di Brigate Nere a Sanremo] aveva dichiarato che i fascisti, dopo la liberazione, si sarebbero portati "sulle montagne per eseguire la guerriglia".
 
11 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo (IM), prot. n° 575, alla sezione S.I.M. della V^ Brigata  - Informava che nuovi nemici, definiti "risoluti", erano partiti dalla Frazione San Bartolomeo verso la montagna e che i partigiani erano riusciti a fare fuggire da Villa Auberg alcuni detenuti.

11 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. della V^ Brigata, prot. n° 383, alla Sezione SIM del CLN di Sanremo - Chiedeva informazioni su tale Alfredo Vido, nativo di Udine, che si era presentato alle formazioni della V^ Brigata, sostenendo di essere fuggito dalla prigionia di Villa Ober [Auberg] di Sanremo e che era stato arrestato dietro denuncia della moglie.
 
11 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. della V^ Brigata, prot. n° 384, alla Sezione S.I.M. del CLN di Sanremo - Comunicava che Passo Garlenda non era controllato da truppe tedesche, che continuava il trasferimento di piccoli gruppi di tedeschi verso Imperia, che risultava che i nazisti avevano avuto l'ordine di abbandonare la zona Ventimiglia-San Lorenzo al Mare entro il 14 aprile, che la postazione nemica della Madonna della Guardia a Sanremo era stata ridotta di 2/3 e quella della Madonna della Costa, sempre a Sanremo, della metà, che erano arrivati a Sanremo 70 bersaglieri per rinforzare il presidio fascista della cittò e che i soldati repubblichini della X^ Mas erano fuggiti il 9 aprile dalla batteria sita in Frazione San Bartolomeo di Sanremo per raggiungere le fila della V^ Brigata.
 
13 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 580, al SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Segnalava che era meglio che il garibaldino "De Bigò" non scendesse sulla costa in quanto ricercato dalla G.N.R. perché accusato di essere l'ideatore del colpo partigiano all'ospedale di Sanremo e che le armi appena sbarcate erano ancora a Bordighera da dove si sarebbe provveduto alla distribuzione.

13 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 581, al SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Sollecitava notizie su "Vido", fuggito da Villa Auberg, prigione tedesca in Sanremo.

13 aprile 1945 – Dal Comando della I^ Zona Operativa Liguria a Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione"] - Sollecitava maggiore attenzione nell’individuare per tempo e nell’avvertire di movimenti del nemico rispetto alla tematica sbarchi, in quanto il motoscafo di Renzo [Renzo "Stienca" Rossi], ricevuta una segnalazione sospetta dalla costa, era appena tornato indietro.

13 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, Sezione SIM, alla Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Riferiva che il 12 aprile vi erano stati su Sanremo 2 bombardamenti navali, di cui, il primo, effettuato da un incrociatore che aveva colpito l'area del porto e della durata di 25 minuti, era iniziato alle 15.10, l'altro, della durata di 15 minuti, aveva avuto luogo alle ore 22 circa e aveva colpito la punta di San Martino e di nuovo il porto.

14 aprile 1945 - Da "Dorio" [Mario Chiodo, ufficiale di collegamento del Distaccamento SAP "Giobatta Zunino"] al Distaccamento "Zamboni" - Segnalava che occorreva indagare su 2 o 3 loschi individui che, qualificandosi come patrioti, borseggiavano i viandanti nelle Frazioni [in altura] San Giacomo, Borello, San Romolo di Sanremo e che era necessario contattare il reverendo Boccadoro sul caso Miglietta per poter ottenere la sospensione dell'esecuzione degli ostaggi.

17 aprile 1945 - Dal CLN di San Remo, prot. n° 592, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che da quella settimana per ordine del CLN regionale con cadenza bisettimanale la staffetta del Comitato avrebbe eseguito il proprio servizio fino ad Alassio dove si sarebbe incontrata con una staffetta proveniente da Genova.

22 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. 629, alla Sezione SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" - Messaggio ugentissimo con cui si segnalava che la "spia Muscolo" molto probabilmente aveva fornito ai nemici notizie tali da rendere possibile per il 23 o il 24 aprile un rastrellamento con truppe provenienti sulla strada di Pigna e che lo stesso informatore aveva aggiunto che molte spie che parlavano francese si erano introdotte in quel periodo tra i partigiani.

22 aprile 1945  - Da Kimi [Ivar Oddone, commissario politico della II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione"] al comando della II^ Divisione - Segnalava che una fonte attendibile riferiva che la radio francese aveva annunciato la notizia dell'occupazione di Briga Marittima da parte delle truppe degaulliste e la penetrazione delle stesse in territorio italiano.

22 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Chiedeva con urgenza precise disposizioni nei confronti "delle truppe liberatrici, che con ogni probabilità saranno Degolliste; le competenze nei confronti del CLN e delle SAP secondo gli accordi intervenuti tra voi e dette organizzazioni... se bisogna portare gradi, in caso positivo quali".

22 aprile 1945 - Dal Sezione SIM [Servizio Informazioni Militari] della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione al comando della V^ Brigata - Riferiva che il giorno 20 reparti nemici avevano compiuto un'azione nella zona del I° Battaglione "Marco Dino Rossi": divisi in due colonne, una aveva colpito la strada carrozzabile, l'altra le pendici del Monte Ceppo [nel comune di Baiardo (IM)], dove si era scontrata con il III° Distaccamento; che nello scontro era morto l'ausiliario "San Remo" [Andrea Grossi Bianchi, nato a Sanremo il 22 maggio 1922]; che il Distaccamento era riuscito a sganciarsi portando via tutto il materiale, tranne i viveri che erano stati depositati nel magazzino della Brigata.

22 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione, Sezione Propaganda - Bollettino n° 2 delle azioni partigiane: il 17 aprile il II° Battaglione "Lodi" della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" aveva collocato una mina anticarro a Castelvecchio di Imperia; nella notte tra il 14 ed il 15 una squadra dell'VIII° Distaccamento della IV^ Brigata, dopo aver sequestrato nell'abitazione di un maresciallo a Taggia (IM) 1 ql. di farina, al ritorno sulla Via Aurelia aveva attaccato un carro tedesco, causando la morte di 2 soldati; in un'azione su Pietrabruna (IM) del 15 era morto il garibaldino Casto [Antonio Castello] del VII° Distaccamento ["Romolo"] del III° Battaglione ["Artù"]; non era pervenuto l'elenco delle operazioni effettuate dalla V^ Brigata.

22 aprile 1945  - Dal comando della II^ Divisione, prot. n° 75, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava: il 13 aprile l'arrivo di 19 soldati della X^ MAS [già di stanza a Sanremo] presso la V^ Brigata; l'operazione contro le Rocche di Drego [comune di Molini di Triora (IM)] del 14 aprile; l'azione su Pietrabruna (IM) del 15; l'attacco del Distaccamento "Angelo Perrone" sulla Via Aurelia il 16: le azioni già segnalate dai comandi della IV^ "Elsio Guarrini" e della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" alla II^ Divisione.

22 aprile 1945  - Dal capo di Stato Maggiore [Gianni Ro, Giuseppe Viani] della I^ Zona Operativa Liguria, prot. n° 29, al comando della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati" - Veniva richiesta per conoscenza una copia delle comunicazioni fatte dal comando SAP al comando della I^ Zona e si sottolineava la necessità di contatti settimanali per l'analisi delle situazioni SAP in provincia di Imperia.

22 aprile 1945  - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria alle S.A.P. di Imperia Oneglia [I^ Brigata S.A.P. "Walter Berio"  e II^ Brigata S.A.P. "Adolfo Stenca"] - Veniva criticato il fatto che elementi SAP di Costa d'Oneglia [Frazione di Imperia] avessero distolto il comandante Mancen [Massimo Gismondi, comandante della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] dallo svolgere un'azione e che, come era stato riferito, alcuni sapisti tenessero nascosti dei moschetti che non intendevano utilizzare. E che tutto ciò era "in netto contrasto con le direttive del CLN per la guerriglia partigiana". Si aggiungeva un riferimento severo alla SAP di Cervo (IM), nella quale era stato nominato comandante un ex garibaldino, che si era allontanato nel periodo invernale. "Chi tiene le armi sotto terra in questo momento decisivo diserta la lotta e tradisce la causa. Non sarà degno di essere considerato un combattente per la libertà. Occorre rompere gli indugi."
 
23 aprile 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 633/SIM, al comando della I^ Zona Operativa Liguria e alla Sezione SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" - Annunciava che "è confermato il movimento di sganciamento delle truppe tedesche dalla zona; anche i bersaglieri hanno ricevuto ordine di concentarsi a San Lorenzo al Mare, distruggendo tutto il materiale pesante e trattenendo solo le armi individuali. Le batterie di villa Prua, Madonna della Guardia, Bussana e Poggio sono già partite. Il 24 p.v. inizierà la ritirata dei tedeschi dal fronte di Ventimiglia. Nella giornata odierna vi è stato un violento cannoneggiamento di unità navali alleate sul porto e sulla città di San Remo, terminato alle ore 18. Le nostre SAP stanno per essere poste sul piede di guerra. Si attende un inviato garibaldino per concordare un'azione comune. La parola d'ordine sarà 'della soda per pescare'".

23 aprile 1945 - Dal comando della I^ Zona Operativa Liguria ai CLN di Albenga, Imperia e Sanremo - Direttiva sulla salvaguardia della stagione olearia: "essendo la stagione già avanzata le olive sono in gran parte già state raccolte e ammassate nei depositi in attesa di essere convogliate ai frantoi. Quest'anno, purtroppo, l'abbondantissimo prodotto non può essere tempestivamente portato verso le città costiere, dove esistono gli oleifici ed i grandi depositi atti alla raccolta dell'olio, mentre tutti i villaggi contadini hanno ormai esaurito i recipienti per la raccolta e la conservazione dell'olio stesso, rimanendo ancora circa il 90% delle olive da frangere... è troppo evidente il danno irreparabile che ne deriverebbe per la nostra provincia, essendo l'olio l'unico prodotto che ci permetterà di avere in cambio tutti i generi alimentari di cui siamo completamente privi. Si invitano tutti i CLN a provvedere alla requisizione ed all'inoltro verso l'entroterra di tutti i recipienti e fusti che si troveranno inutilizzati presso i privati, i commercianti d'olio e gli industriali. Ogni sforzo deve essere fatto per salvare la raccolta dell'olio".
 
23 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 82, al comando del VII° Distaccamento - Comunicava che "in riferimento alla lettera del 22 u.s. del Distaccamento in indirizzo i colpi da mortaio sono nei fortini; provvedere immediatamente; il mitragliatore non può essere inviato; si ribadisce che non vi é alcuna dipendenza del VII° Distaccamento dal SIM locale; ... cessare ogni pettegolezzo".

23 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 83, al comando della IV^ Brigata "Elsio Guarrini" - Direttiva: "inviare il X° Distaccamento autonomo "Walter Berio" in Località Fontanili [oggi nel comune di Montalto Carpasio] per necessità tattica".

24 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, prot. n° 636, al Comune di Sanremo, al Commissariato di P.S., al comando dei Vigili Urbani ed al comando dei Vigili del Fuoco - Comunicava che il C.L.N. di Sanremo, organo di governo della città, nell'interesse della popolazione e dell'interesse pubblico disponeva che tutti i dipendenti degli enti in indirizzo erano tenuti a restare al proprio posto. Essi saranno responsabili per la continuazione dello svolgimento dei servizi pubblici e dell'ordine cittadino.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

domenica 13 febbraio 2022

Attraverso Ormea, che i tedeschi non presidiavano stabilmente, riuscimmo intanto a stabilire un contatto abbastanza frequente con le bande rimaste in Liguria

Fontane, Frazione di Frabosa Soprana (CN): un momento della manifestazione in data 20 ottobre 2013 in ricordo dell'ospitalità data dal paese ai partigiani imperiesi nell'ottobre 1944

«Aldo» fece caricare sui muli venti quintali di grano a Pamparato; altra merce e vettovaglie erano state depositate in pianura per non subire la distruzione a causa di un previsto attacco nemico da val Casotto.
Un probabile trasporto di merci ad Ormea e Garessio con automezzi fu scartato per il transito di numerosi nemici verso Ceva.
Il mattino del 30 di novembre 1944 una colonna di muli carichi di pasta, farina e tabacco partiva per la Liguria.
Un sostanziale aiuto veniva dato anche dall'Ufficio Annonario di Imperia che forniva clandestinamente farina ai fornari Ramone, Tomatis e Semeria di Montegrazie, Guasco di Moltedo, Castino di Torrazza, Trucchi di Piani, Lupi di Caramagna, che panificavano per conto della IV brigata.
Dopo quattro giorni di trattative con l'annonaria di Savigliano e con i Comandi tedeschi di Nava, l'8 di dicembre il garibaldino «Enzo» riusciva a far giungere a Cosio due carri carichi di grano tirati da buoi, passando per Ormea-Ponti di Nava-Case di Nava. Da Cosio portato a Mendatica a dorso di mulo, il grano venne macinato e gradatamente prelevato dagli intendenti della IV e V brigata.
Diciotto quintali dello stesso carico erano già stati ritirati a Cantarana dalla I brigata insieme con un certo quantitativo di sale e di tabacco. Convinto che il grano servisse per il fabbisogno della popolazione di Mendatica, il Comando tedesco lo lasciò transitare preavvisando, però, che prima di quindici giorni non avrebbe concesso un secondo permesso, richiesto per il transito di un ulteriore carico di quaranta quintali.
Il trasporto dei viveri dal Piemonte fu un problema difficile da risolvere. Sovente situazioni impreviste e gravissime causarono il fallimento dell'impresa.
A titolo di cronaca, riportiamo la testimonianza della garibaldina Ada Pilastri (Sascia), protagonista di uno di questi viaggi [...]
Francesco Biga, Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria), Vol. III. Da settembre a fine anno 1944, a cura dell'Amministrazione Provinciale di Imperia e con il patrocinio dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, Milanostampa Editore, Farigliano, 1977

Documentazione riguardante le funzioni di intendente partigiano di Gino Glorio (Magnesia ) - Fonte: Gino Glorio, Op. cit. infra

Un altro caso che dovetti risolvere fu quello della legna. I contadini avevano fatto la provvista per l'inverno ammucchiando le cataste di legna tagliata sotto tettoie, nei pagliai, all'aperto. Per i partigiani erano una tentazione e  presto piovvero le proteste al comando. Ci offrimmo di pagare, di comprare la legna con i primi fondi che il C.L.N. ci avrebbe mandato ma i contadini non  volevano soldi, rivolevano la loro legna: «Non facciamo i boscaioli di mestiere» ci dicevano, «qui nessuno ne vende, dovremmo o tagliarla di nuovo od andare lontano a comprarla. Ridateci la legna come l'avete trovata». Potevamo dar l'ordine ai partigiani di andare a far legna nei boschi, ma sarebbe stata legna bagnata e forse non saremmo stati ubbiditi. C'era una catasta di legna enorme presso Bossea. «Di chi è?» chiesi, « Del Genio Civile» mi disse Pantera. «Allora l'affare è risolto», dissi ai contadini: «Ecco qui una autorizzazione del Comando della I Brigata per prelevare legna dalla catasta presso Bossea rilasciata al Signor. ..., e qui mettiamo il vostro nome per un totale di kg. .... e mettiamo l'equivalente del buono che vi ha rilasciato la banda».  
I contadini partivano contenti. Più tardi mi dissero che la catasta non era del Genio ma di un privato. Non si fece vivo, peccato, gli avrei rilasciato un certificato di benemerenza per aver contribuito alla lotta di liberazione.
Un giorno venne un contadino con un buono speciale. «È un buono dello scorso agosto, firmato da Turbine». Lo esaminai, era vero, era un buono della Matteotti che era passata da Fontane dopo il rastrellamento del 10 agosto.
«Vede, è un caso particolare - spiegava il contadino - i partigiani hanno preso proprio il toro della mandria. Ho perso così una ventina di vitelli che avrebbero potuto nascere». « Già, ma noi non possiamo pagare venti vitelli che non  abbiamo avuto. Discussi mezz'ora, poi  pagai il toro a lire 40 al Kg., più che se fosse stato un vitello». «Possibile, Turbine, esser così bestie da mangiarsi l'unico toro della zona?» chiesi all'ex commissario della Matteotti qualche  tempo dopo. «Cosa vuoi farci, era la bestia che pareva più grassa e ci siamo accorti di quello che era dopo che era morto».
La vita dell'amministratore non mi dispiaceva e poteva dare dei vantaggi. Solo in caso di sbandamento sarebbe stata una responsabilità dovendo rispondere al comando di somme qualche volta ingenti. Ciò avrebbe comportata la necessità di ripresentarsi al più presto. Jacopo aveva lasciata la carica per motivi di salute; io supposi che alla prima occasione avesse intenzione di lasciarci e, da galantuomo, l'avrebbe fatto senza la cassa. D'altra parte non avrei avuto altre cariche da scegliere perché l'ufficio operazioni era stato sciolto.
In complesso in quei giorni i servizi non lavoravano molto. I più occupati erano i cuochi, gli intendenti, gli infermieri ed i dottori.
Il servizio sanitario era in mano a Caduceo, Serpente, Cobra ed Aspiride: provenivano tutti dalla S. Marco come il veterinario ed il dottore della V Brigata. Gli altri uffici vivacchiavano appena, attendevano la decisione se andare o restare, se tornare in Liguria o cambiare zona in Piemonte. Era chiaro a tutti che la sosta a Fontane era una soluzione transitoria.
Giunti in Val Corsaglia in seguito a rastrellamento eravamo considerati come ospiti dai Badogliani e come tali non disponevamo di completa libertà di azione. Una missione offensiva su Villanova, eseguita dal Garbagnati, aveva dovuto attraversare la zona controllata dai badogliani e questi ci avevano pregato di non insistere in azioni che potevano provocare un rastrellamento. Al comando garibaldino seccava trattenere gli uomini che desiderassero ancora combattere. Oltre alla limitata autonomia rimaneva da decidere il destino delle varie bande della I Brigata, circa un terzo, rimaste in Liguria verso la costa. Era bene ritirarle in Piemonte od era meglio tornare noi di là? Il problema era arduo. Quale era intanto la esatta situazione della zona che avevamo abbandonato?
[...] Chiedemmo anche alla Divisione Bevilacqua, che operava sopra Savona, se avremmo potuto mandare qualche banda nel suo territorio. Era però evidente che, passando in altra zona, avremmo avuto un clima più duro, un terreno sconosciuto ed in più l'influenza di un altro comando.
Il Comando restò indeciso. Per il momento saremmo rimasti in Val Corsaglia ad equipaggiare gli uomini, poi qualche fatto nuovo avrebbe potuto risolvere il problema per noi. Attraverso Ormea, che i tedeschi non presidiavano stabilmente, riuscimmo intanto a stabilire un contatto abbastanza frequente con le bande rimaste in Liguria inviando loro viveri e vestiario.
Gino Glorio (Magnesia), Alpi Marittime 1943-45. Diario di un partigiano - II parte, Nuova Editrice Genovese, 1980

25 ottobre 1944 - Sono le 11,30 e, sotto una pioggia dirotta, una colonna d'un centinaio di tedeschi parte per Triora. Hanno insieme tre muli ed un gruppo di ostaggi che avevano già accompagnato gli stessi tedeschi da Triora a Pornassio. Sembravano proprio soldati di un esercito sconfitto e in ritirata.
26 ottobre 1944 - Altri Tedeschi, giunti in mattinata, sono entrati nella sede della Croce Rossa [n.d.r.: di Pieve di Teco] dove hanno preteso medicinali per disinfezione e cotone idrofilo. Si sono anche impossessati di alcune bottiglie di liquore ivi esistenti senza verun riguardo al custode, mutilato di guerra. Anche questi son partiti alla volta di Triora.
27 ottobre 1944 - Giunge da Genova il genero di Giuvanolo Ferrari, soprannominato l'Orso, il quale racconta che lungo tutto la fascia costiera vi è un intenso movimento di tedeschi e con numerose salmerie e che ovunque vi è fervore di lavoro da parte dei tedeschi e borghesi; costruiscono speciali fortilizi e muraglioni in cemento - Scavano ovunque e, nella zona di Borghetto S. Spirito, proprio nelle rocce di sostegno della proprietà del senatore Borelli, con mine assordanti praticano degli antri all'interno. Non si può conoscere a cosa serviranno questi scavi.
28 ottobre 1944 - Alcune donne di Ponte di Nava mi assicurano che in Ormea non vi è più nessuno e che solo in Ponte di Nava vi è un presidio tedesco, ivi lasciato di guardia al ponte.
29 ottobre 1944 - Stamane un gruppo di Pievesi mi si è presentato pregandomi di assumere l'amministrazione del Comune. Dato il mio stato di deperimento li ho ringraziati, disimpegnandomi da un simile peso.
Nino Barli, Vicende di guerra partigiana. Diario 1943-1945, Valli Arroscia e Tanaro, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 1994 

Fonte: Rete Parri

[ n.d.r.: anche "Il Combattente - giornale dei volontari della libertà - edizione piemontese - numero 17 del dicembre 1944 - dava notizia, nell'articolo di fondo, delle eroiche prove sostenute dalla Divisione partigiana "Cascione" in provincia di Imperia ]

sabato 5 febbraio 2022

I tedeschi a Taggia hanno tagliato alcune linee telefoniche

Taggia (IM): uno scorcio

2 gennaio 1945 - Da Mercurio al C.L.N. di Sanremo (IM) - Comunicava che le torte ordinate dai tedeschi per le festività natalizie nella zona Sanremo-Ventimiglia ammontano a 4500.

2 gennaio 1945 - Dal Comandante Giorgio [Giorgio Olivero, comandante della Divisione  "Silvio Bonfante"] al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" [comandata da Giuseppe Mancen Gismondi] - Veniva richieste notizie sul "conte" che strappa i manifestini del C.L.N. in Via Cavour ad Imperia

2 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione d'Assalto Garibaldi "Silvio Bonfante", ai comandi delle Brigate dipendenti I^, "Silvano Belgrano", II^, "Nino Berio”, e III^, "Ettore Bacigalupo" - Comunicava: l'Intendenza della I^ Brigata si appoggerà al C.L.N. di Albenga... Il servizio S.I.M. divisionale sarà ridotto a tre soli elementi e ad una staffetta

2 gennaio 1945 - Dal comando della IV ^ Brigata al comando della II^ Brigata - Si invitava ad inviare la relazione sulle trattative con il presidio repubblichino di San Bernardo di Conio [Frazione di Borgomaro (IM)]

2 gennaio 1945 - Dal comando del Distaccamento S.A.P. "Adriano Amadeo" al comando della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati" - Si comunicava: Villa Ughes e la caserma Siffredi [ad Imperia] sono state abbandonate dal comando tedesco. Dopo una ispezione sono risultate prive di materiale. I ponti della vallata di Imperia sono stati minati dal nemico, che ha trasportato molto materiale in Lombardia.

3 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione S.A.P. "Giacinto Menotti Serrati", prot. n° 4, al C.L.N. di Imperia - Veniva fatta richiesta delle liste di persone già tassate e di quelle da tassare.

3 gennaio 1945 - Dal comando della V ^ Brigata Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni", prot. n° 249, al comando della II^ Divisione "Felice Cascione" - Si comunicava che i tedeschi del presidio di Molini di Triora ammontano a 80 uomini, e quelli di Pigna (IM) a 6. I tedeschi a Taggia hanno tagliato alcune linee telefoniche. La presenza del nemico ad Apricale (IM) si è notevolmente rafforzata con l'arrivo di nuove truppe.

3 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Mario Bini" [comandato da Figaro, Vincenzo Orengo] al comando della V ^ Brigata - Si segnalava la scarsità di cibo e vestiario e l'impossibilità di controllare Perallo a causa dei molti garibaldini malati e delle strade ghiacciate

3 gennaio 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo (IM), prot. n° 180/CL, alle formazioni di montagna - Si comunicava: Disponibilità ad un incontro per la concessione di un'unità d'azione. Sarà inviato Romeo [Archimede Gioffrida] come tramite.

3 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione, prot. n° 31,  al comando della V ^ Brigata - Si informava che:  a Sanremo i gruppi fascisti sono così suddivisi: 50 uomini delle Brigate Nere e 40 della G.N.R. all'Albergo Nizza, 100 della X^ Flottiglia Mas e 50 bersaglieri all'Albero Corso; a Coldirodi [Frazione di Sanremo (IM)] si trovano 50 bersaglieri. Il comando tedesco si trova all'Albergo Imperiale  e dispone nel complesso a Sanremo di 4.000 uomini 

3 gennaio 1945 - Dalla II^ Divisione - Sezione Fondo Valle - al comando della II^ Divisione - Si comunicava la sostituzione di truppe naziste con altre, provenienti dai diversi fronti di guerra.

3 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Divisione ai comandi delle Brigate IV^ e V^ - Veniva consigliato di controllare il comportamento dei garibaldini nei distaccamenti e di curare il controspionaggio nonché la manutenzione delle armi. Si sottolineava la necessità di fornire dettagliati rapporti giornalieri.
 
3 gennaio 1945 - Dal comando [comandante "Giorgio", Giorgio Olivero] della Divisione "Silvio Bonfante" a tutti i reparti dipendenti - Comunicava che "la zona in cui si opera è di immediato retrofronte, per cui serve gente convinta, mettendo al bando ogni forma di disfattismo. Occorre reagire agli atti di vandalismo del nemico".

3 gennaio 1945 - Dal comando della II^ Divisione "Felice Cascione" all'Ispettore di Zona [Simon, Carlo Farini] - Segnalava che inviava "un elenco di preziosi prelevati dalla V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" a fascisti di Sanremo: vengono consegnati al Comando Operativo di Zona [I^ Zona Operativa Liguria] per un totale di 45 pezzi".

3 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della III^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Ettore Bacigalupo” - Direttiva: "Occorre provvedere, nei paesi in cui non vi sono garibaldini, ad inquadrare i giovani nelle squadre di riserva locali. Queste dovranno sorvegliare i passi durante la notte. Si ricorda che l'adesione ha carattere volontario. Il comando di tali squadre spetta al vice comandante di Brigata".

3 gennaio 1945 - Da Curto [Nino Siccardi, comandante della I^ Zona Operativa Liguria] a Simon [Carlo Farini, ispettore della I^ Zona Operativa Liguria] - Relazione sulla visita fatta alla Divisione Bonfante.

3 gennaio 1945 - Dal Comando Operativo della I^ Zona Liguria a Simon - Comunicava che "qualche elemento della Divisione Bonfante si è presentato ai tedeschi, guidandoli in qualche azione di rastrellamento".

3 gennaio 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Relazione sul rastrellamento effettuato ad Armo e a Pieve di Teco il 30 dicembre 1944, durante il quale era avvenuto l'arresto di Lionello Menini.

3 gennaio 1945 - Tribunale Militare tedesco - Copia della sentenza di condanna a morte per i garibaldini Lionello Menini Menini, comandante del Distaccamento "Bacigalupo" della I^ Zona Operativa Liguria ed Ezio Badano Zio, G.B. Valdora Ferroviere e Lorenzo Gracco della II^ Brigata "Sambolino" della Divisione d'Assalto Garibaldi " Gin Bevilacqua" operante nella II^ Zona Operativa Liguria.

3 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 46, ai comandi dei Battaglioni dipendenti - Trasmissione dell'ordine di sorvegliare attentamente la zona di appartenenza. Ricordati i doveri del capopattuglia. Consiglio di continuare l'addestramento all'uso delle armi ed alla guerriglia. Raccomandazione di fornire precise informazioi militari sulle formazioni nemiche.
 
4 gennaio 1945 - Dal comando [comandante "Danko" Giovanni Gatti] del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione", prot. n° 32, al comando della V^ Brigata - Relazione militare: a Isolabona (IM) erano presenti 200 tedeschi; 200 tedeschi anche ad Apricale (IM); 300 a Dolceacqua (IM); a Perinaldo (IM) una squadra di 20 tedeschi per riparare la strada Perinaldo-San Romolo; da Sanremo (IM) erano partiti 2 Mas, con a bordo uomini della X^ Flottiglia disertori dalle file repubblichine, che sembravano diretti alla costa francese; a Baiardo (IM) il tenente dei bersaglieri era ben visto dalla popolazione perché per Natale aveva regalato sigarette e liquori.
 
4 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione "Mario Bini" della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni", prot. n° 33, al comando della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" - Relazione militare: a Pigna (IM) si trovavano in quel momento 60 tedeschi equipaggiati con armi leggere. Le artiglierie che si trovavano a Pigna erano state spostate a Passo Muratone, Gouta e Margheria dei Boschi [Località di Pigna (IM)].
 
4 gennaio 1945 - Dal comando della V^ Brigata, prot. n° 250, al comando della II^ Divisione: Trasmessa la relazione militare del I° Battaglione ricevuta con prot. n° 31
 
4 gennaio 1945 - Dal comando del I° Battaglione del I° Battaglione "Mario Bini" al comando della V^ Brigata - "Gino" [Luigi Napolitano, commissario], "Danko" [Giovanni Gatti, comandante] e le loro squadre chiedevano chiarimenti sul comportamento dell'ex comandante "Peletta" [Giovanni Alessio], che si era nuovamente autodefinito comandante del I° Battaglione.
 
5 gennaio 1945 - Dal comando della IV^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Elsio Guarrini" della II^ Divisione "Felice Cascione" al comando della II^ Divisione ed al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Si rendeva noto l'arrivo a Taggia di bersaglieri che dovevano effettuare rastrellamenti a Sanremo, Ceriana e Valle Argentina. Continuavano i lavori difensivi del nemico sul litorale e lungo la Valle Argentina.
 
10 gennaio 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della Divisione "Silvio Bonfante" [sezione comandata da "Livio", Ugo Vitali] al Comando della I^ Zona Operativa Liguria - Veniva fatto un elenco di 11 nominativi di spie, di cui 2 appartenenti alle Brigate Nere, 6 alla G.N.R. [Guardia Nazionale Repubblicana], 2 alle SS italiane ed 1 definito "squadrista della prima ora".

da documenti IsrecIm Imperia in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e della Storia Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
Sanremo (IM): un tratto di Via Romolo Moreno

3 gennaio 1945 - XXIII
Ieri notte, 2 gennaio, alle ore 22 circa si sono recati per una perquisizione di sopresa (eventualmente per arresti) i Legionari Nicò, Pelucchi, Albanini, Anzalone, Siri, in Via Romolo Moreno, 13 [n.d.r.: a Sanremo] dove avrebbero dovuto trovarsi 4-5 ribelli a dormire, tra cui il Grignolio, chiamato "Ghepeu" (nome di battaglia), che abita in Via Lavoratori, 9 - II Piano -
Detti ribelli approfittano di tale abitazione (di certa Sasso Gemma figlia di n.n.) perché sinistrata e abbandonata. La proprietaria dorme sempre in galleria.
L'azione ha dato esito negativo per l'imprudenza dell'informatrice la quale ha esposto i dati del caso alla presenza di altre persone.
Pare che il nascondiglio serva di base cittadina per le azioni di prelevamento, soprattutto alla vigilia dei giorni festivi-
I ribelli vi si recherebbero a dormire per ripartire verso i monti alle 4-5 antimeridiane. Pare anche facciano spesso baldoria in casa di Ciciò (Via Rivolte, 1) fino verso l'una dopo mezzanotte, dopo di che andrebbero a trascorrere il rimanente della notte in Via Romolo Moreno, 13 (fino alle 4-5 del mattino).
Anche la disposizione interna dei locali è ben nota, nei minimi particolari. (1)
L'azione sarà ripetura.
(Informazione di Sasso Gemma).
Visto il Comandante Mangano [...]
(1) L'appartamento ha due entrate per due strade diverse. Una è di Via Romolo Moreno, 13. L'altra è di Via [n.d.r. spazio vuoto]. L'interno è 1. Entrati nel portone, si va su dieci gradini. A sinistra c'è una porta verde con un po' di carta strappata. La porta è sempre aperta, e dietro ha una [n.d.r. parola illeggibile]. C'è una camera sola a due letti. La luce è a sinistra.
Diario del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan. Documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo

11 gennaio 1945
Sotto la guida e direzione del Capo Squadra Bossolasco partono in perlustrazione e rastrellamento i Legionari Galleani, Anzalone, Siri, Borea, Ravinale, Maselli, Morganella, Moraldo, Cottali, Zoccali, Pelucchini, Albornini.
Itinerario: Mulattiera di S. Pietro. Ispezionati i casolari. Croce di Parà. Verezzo S. Donato. Carrozzabile di Verezzo. S. Remo [...]
Diario (brogliaccio) del Distaccamento di Sanremo (IM) della XXXII^ Brigata Nera Padoan, documento in Archivio di Stato di Genova, ricerca di Paolo Bianchi di Sanremo
 
174 - SME - Uff. operazioni e addestramento - sez. operazioni - 1945 gen. 16 - apr. 2
“I/Z” Relazione del col. Raffaele Delogu sull'ispezione fatta ai Comandi provinciali di Genova, Savona e Imperia nel febbraio 1945. (21)
cc. 9 e pp. 4
(a cura) di Mariella Mainini, Elenco analitico del Fondo R.S.I., Stato Maggiore dell'Esercito, V Reparto Affari Generali - Ufficio Storico