sabato 30 novembre 2019

Battaglia partigiana a Baiardo ai primi di settembre del 1944

A sinistra, in basso, la vallata di Apricale (IM); in alto, a destra, Baiardo (IM)

La V^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione "Felice Cascione" venne fatta oggetto nei primi giorni di settembre 1944, nella zona di Baiardo (IM), di un mal riuscito tentativo di rastrellamento da parte nazi-fascista.
Il 4 settembre 1944 nei pressi del cimitero del paese le sentinelle garibaldine avvistarono un gruppo di nemici che si avvicinavano e, aperto il fuoco, causarono otto morti ed un ferito. "Il caso volle che il prigioniero ferito fosse un polacco, il quale informò i partigiani che il sergente tedesco comandante della pattuglia, roso dall'ira per la sconfitta subita, aveva svelato il piano nemico: l'indomani cinquanta tedeschi sarebbero giunti a Baiardo per sloggiare i banditi" (Francesco Biga, Storia della Resistenza imperiese, Vol. III: Da agosto a dicembre 1944, a cura Amministrazione Provinciale di Imperia e con patrocinio IsrecIm, Milanostampa Editore - Farigliano, 1977).
Questa preziosa informazione eliminò il fattore sorpresa a vantaggio degli attaccanti, in quanto i garibaldini poterono organizzare la difesa del paese sotto gli ordini di "Vitò" ["Ivano", Giuseppe Vittorio Guglielmo, da luglio 1944 comandante della V^ Brigata Garibaldi "Luigi Nuvoloni" e dal 19 Dicembre 1944 comandante della II^ Divisione "Felice Cascione"] e di "Gino". Alle 6 del mattino i tedeschi attaccarono da tre direttrici: "la prima proveniente da Badalucco-Ceriana, la seconda da San Romolo-Monte Bignone, la terza da Isolabona-Apricale" (Francesco Biga, Op. cit.).
I partigiani con il loro ampio raggio di fuoco impedirono l'avanzata dei tedeschi e successivamente si sganciarono verso Monte Ceppo in modo da essere fuori dalla portata del tiro dei mortai nemici.
Contemporaneamente i garibaldini di Pigna (IM) puntarono la loro mitragliatrice pesante in direzione del trivio di accesso a Baiardo e bloccarono in questo modo i nazisti.
Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945). Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999
 
[...] sentinelle che avevano udito raffiche di mitra provenienti da Bajardo. Segno di un conflitto del quale il comandante Ivano [n.d.r.: detto anche Vittò, Giuseppe Vittorio Guglielmo] venne avvisato da una staffetta. Vittò, trovandosi in zona, raduna una squadra e parte immediatamente alla volta di Bajardo, paese occupato il 2 settembre dal I° Battaglione di Gino Napolitano (Gino). La situazione, infatti, stava per precipitare. Le raffiche di mitra udite in precedenza segnalavano uno scontro tra alcuni uomini del II Distaccamento e un'avanguardia di tedeschi. Questi ultimi, nel pomeriggio, al termine di un conflitto a fuoco lasciarono sul posto morti e feriti. Tra coloro ai quali i partigiani prestarono cure c'era un polacco che, sentitosi in debito con i propri soccorritori, rivelò il piano nemico; il giorno successivo circa 500 tedeschi sarebbero saliti a Bajardo per cacciare i partigiani.
Alle 3 del mattino del 5 settembre, la gran parte delle forze appartenenti alla V Brigata aveva raggiunto le postazioni per contrastare l'avanzata dei nazifascisti, i quali, mentre avanzavano divisi in tre colonne provenienti da Ceriana, San Romolo e Apricale, vennero contrastati efficamente dai partigiani. Dopo i primi attacchi ci fu un periodo di relativa tranquillità ma, quando i tedeschi e i repubblichini del Battaglione San Marco misero in campo le armi pesanti (mortai e cannoni), i partigiani compresero che era giunto il momento di ritirarsi.
"Nonostante dovessimo ritirarci" - ha raccontato Vittò "eravamo soddisfatti di aver dimostrato la nostra presenza efficace. Erano in gran numero e compresi che la roccaforte di Bajardo era per noi in quel momento inattaccabile. Insegnai ai miei uomini la tattica del ripiegamento adatta a far consumare al nemico tante munizioni senza risultato. I miei suggerimenti furono accettati ed i miei insegnamenti sfruttati. Diventavano regola per le prossime circostanze. Avremmo potuto resistere di più ma io non dimenticavo che la nostra era una guerriglia. Dovevamo attirare le pattuglie nemiche a cercarci e far sì che, sparpagliandosi, dovessero diminuire di numero; così le potevamo attaccare in superiorità per le nostre cercate posizioni strategiche. Diminuendo il numero degli uomini delle pattuglie, esse dovevano avanzare prive di armi pesanti e così erano da noi battute. Quando arrivava la forza grossa, la massa, noi avevamo cambiato posizioni e li costringevamo nuovamente, per cercarci, a riformare piccole pattuglie. La battaglia, in queste condizioni, era favorevole a noi. Ci siamo ritirati tutti a Carmo Langan e non ci inseguirono. Ogni distaccamento tornò alla sua sede". <44

44 don Armando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di “Domino nero” - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975, pagg, 117-118
Romano Lupi, VITTO'. Vita del comandante partigiano Vittorio Guglielmo, Quaderni sanremesi, Sanremo, 2011  
 
Le ferrovie sono purtroppo nello stato che Tu ben conosci: la Savona Ventimiglia non funziona, qualche tratto riparato con mezzi di fortuna viene utlizzato con l'unico carrello ferroviario esistente che - destino fatale - è azionato a benzina. Ottenere da parte del Ministero almeno due autotreni con rimorchio significherebbe rimediare in parte alla grave situazione in cui si dibatte la provincia, situazione che ci rende sempre più invisi alla popolazione.
I famigliari dell'ex Ministro Grandi, sentito il parere del Capo della Provincia ho provveduto a farli consegnare al Questore di Pavia per evitare l'eventuale caduta nelle mani inglesi.
Imperia, 12 settembre 1944
Giovanni Sergiacomi, Questore di Imperia, Al capo della Polizia
 

giovedì 28 novembre 2019

Felice Cascione


Felice Cascione - Fonte: Wikipedia
 
Nato ad Imperia il 2 maggio 1918, morto in Val Pennavaira (Savona) il 27 gennaio 1944, medico chirurgo, Medaglia d’oro al valor militare alla memoria. Attivo antifascista sin dal 1940, Felice Cascione si era laureato a Bologna nel 1942. L’anno dopo, mentre stava crescendo la sua fama di medico sensibile e generoso, “U megu” (il dottore), fu alla testa, insieme alla madre, delle manifestazioni popolari ad Imperia per la caduta del fascismo. Ciò gli valse il carcere, governava Badoglio, sin quasi all’armistizio. Con l’8 settembre, raccolto con sé un piccolo numero di giovani, Cascione organizzò in località Magaletto Diano Castello la prima banda partigiana dell’Imperiese. Le azioni vittoriose contro gli occupanti e contro i fascisti si alternavano all’assistenza che quel giovane medico - “bello e vigoroso come un greco antico”, com’ebbe a descriverlo Alessandro Natta - prestava ai montanari delle valli da Albenga ad Ormea. Fu proprio la sua generosità di medico a tradire Cascione.
In uno scontro con i fascisti, in quella che si ricorderà come “la battaglia di Montegrazie”, i partigiani catturano un tenente e un milite della Brigate nere, tal Michele Dogliotti. I due prigionieri rappresentano un impaccio e, dopo un sommario processo, si decide di eliminarli. Interviene “U megu”: “Ho studiato venti anni per salvare la vita di un uomo e ora voi volete che io permetta di uccidere? Teniamoli con noi e cerchiamo di fargli capire”. Così i due fascisti seguono la banda in tutti i suoi spostamenti. Cascione si prende particolarmente cura di Dogliotti, che è piuttosto malandato, e divide con lui le coperte, il rancio, le sigarette. A chi diffida e tenta di metterlo sull’avviso replica: “Non è colpa di Dogliotti, se non ha avuto una madre che l’abbia saputo educare alla libertà”.
Passa circa un mese e il brigatista nero fugge. Pochi giorni dopo, Dogliotti guida alcune centinaia di nazifascisti verso le alture intorno ad Ormea, che sa occupate da unità garibaldine. All’alba la battaglia divampa dal versante di Nasino di Albenga. “U megu“, con i suoi, tenta un colpo di mano per rifornirsi di munizioni. Il tentativo fallisce; Cascione, gravemente ferito, rifiuta ogni soccorso e tenta di coprire il ripiegamento dei suoi uomini. Ma due di loro non se la sentono di abbandonarlo e tornano indietro: Emiliano Mercati e Giuseppe Castellucci incappano nei fascisti. Mercati sfugge alla cattura; Castellucci, ferito, è selvaggiamente torturato perché dica dov’è il comandante. Cascione, quasi agonizzante, sente i lamenti del suo uomo seviziato, si solleva da terra e urla: “Il capo sono io!“. Viene crivellato di colpi.
Redazione, “U Megu”, 27 gennaio 1944, in Val Tanaro, Trucioli, 7 febbraio 2019
 
La casa natale di Felice Cascione al Parasio di Imperia


[Felice Cascione] era un medico. Tra i primi aveva organizzato bande partigiane. Dotato di sensibilità umana per la sua professione, non nutriva né odio né rancore. La guerra partigiana era una necessità del momento. Combattere per la libertà conservando però intatto il senso del dovere verso i diritti dell'uomo. Il nemico era un avversario da combattere finché la sua vitalità era operativa sul campo di battaglia, ma quando era ferito cessava di essere un avversario e presentava i suoi diritti di esistenza e di assistenza. Per questo, lui, medico, curava il ferito nemico, che lui stesso combattente aveva colpito in battaglia. Susciterà un grosso problema umano, ma le esigenze di una guerra feroce senza sentimentalismi e non protetta dai diritti internazionali per il comportamento dei nazifascisti annulleranno il senso della compassione e della pietà.
don Ermando Micheletto, La V^ Brigata d’Assalto Garibaldi “Luigi Nuvoloni” (Dal Diario di Domino nero Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975
 
Verso il 10 settembre 1943 Felice Cascione, che già insieme ad altri compagni aveva programmato la partenza per la montagna ma momentaneamente non in zone alte, si muove per compiere l'inizio del percorso con obiettivo la valle di Diano [...] prima si reca dalla zia Maddalena in Via Artallo per informarla del suo progetto ed invita la cugina Felicita, che aveva ventun anni, a guardarsi dai Tedeschi, considerati già come un'orda barbarica. Quindi si sposta a Diano Gorleri (c'è sentore che i fascisti lo stiano già cercando), per rifugiarsi momentaneamente in casa del compagno Angelo Ramella, detto "Lalin" (assaggiatore di olii per conto delle Ditte), dove si è già rifugiata la madre (anch'essa sospetta e, probabilmente, ricercata). È a Gorleri che Felice e la madre Maria si trovano per l'ultima volta insieme. Lei esorta il figlio a stare attento, lui le risponde dicendo: "cara mamma, si muore una volta sola". Poi si lasciano. Felice si sposta in un terreno del territorio del Comune di Diano Castello di cui è proprietario Giuseppe Aicardi detto "Cartain" (questi sarà il sindaco della liberazione di questo Comune), mentre la madre, oltrepassata la Valle Impero, si rifugia presso la famiglia Oddone in una campagna nei pressi della strada che porta a Sant'Agata.
Francesco Biga, Felice Cascione e la sua canzone immortale, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia, tip. Dominici Imperia, 2007

Fonte: E. Micheletto, Op. cit.
 
Il 27 gennaio 1944 i tedeschi attaccano con ingenti forze.
I partigiani di Felice Cascione diventano eroi. Non cedono e contrastano l'avanzata al nemico.
La dura battaglia ha inizio alle ore otto del mattino.
Alle 8.30 Felice Cascione era stato colpito in modo piuttosto grave. I suoi uomini cercano di portarlo fuori mischia per curarlo e si comportano da veri combattenti leali cercando di distrarre i nazisti con attacchi diversi.
I tedeschi però hanno adocchiato il comandante ferito e lo vogliono catturare ad ogni costo. Lo raggiungono ad Alto [(CN)], nel basso cuneese, e lo uccidono.


L'alto valore umano e combattentistico di Cascione fecero di lui un esempio ed una bandiera.
I suoi uomini avevano dimostrato di essere veramente valorosi e degni della massima stima.
Per loro occorreva un comandante degno successore di Cascione.
Verso la metà di febbraio 1944 il Curto [Nino Siccardi, subito comandante della neo costituita IX^ Brigata d'Assalto "Felice Cascione", dal 7 luglio 1944 al 19 dicembre 1944 di questa trasformata in II^ Divisione d'Assalto Garibaldi "Felice Cascione", quindi comandante della I^ Zona Liguria delle formazioni partigiane] prende il comando di questi uomini e li guida con grande abilità in cento altre battaglie.
don Ermando Micheletto, Op. cit.
 
[...] trova spazio anche la storia dell’autore di "Fischia il vento". Dietro alle parole del celebre motivo c’è il giovane Felice Cascione, uno studente di medicina nato a Imperia nel 1918 e venuto a Bologna per coltivare la sua passione per l’arte medica, per lo sport e per quella politica che poi l’assorbì fino alla morte.
Attivo antifascista sin dal 1940, Cascione, l’anno dopo la laurea conseguita nel 1943, si affianca alla madre nella guida delle manifestazioni popolari a Imperia per la caduta del fascismo. Una marcia per le strade che presto diventa lotta armata: dopo l’8 settembre, Cascione raccoglie infatti un piccolo numero di giovani e nella località di Magaletto Diano Castello anima la prima banda partigiana dell’Imperiese. Guida i suoi ad azioni vittoriose, ma lui, definito da Alessandro Natta "bello e vigoroso come un greco antico", non tralascia mai di prestare soccorso ai montanari delle valli da Albenga ad Ormea.
Una fedeltà alla professione così assoluta da condurlo all’errore. Durante la battaglia di Montegrazie i partigiani catturano un tenente e un milite della Brigate nere (M. Dogliotti). Un impaccio di cui la squadra si vorrebbe eliminare, ma che "U megu" - il dottore - vuole salvare, vedendo l’uomo sotto la divisa: "Ho studiato venti anni per salvare la vita di un uomo - dice Cascione - e ora voi volete che io permetta di uccidere? Teniamoli con noi e cerchiamo di fargli capire". Così i due fascisti seguono la banda in tutti i suoi spostamenti e Cascione divide con Dogliotti, il più malandato, le coperte, il rancio, le sigarette. C’è chi diffida, ma il medico replica a tutti che "non è colpa di Dogliotti, se non ha avuto una madre che l’abbia saputo educare alla libertà".
Passa circa un mese e il brigatista nero fugge. Pochi giorni dopo, Dogliotti guida alcune centinaia di nazifascisti verso le alture intorno ad Ormea, che sa occupate da unità garibaldine. All’alba la battaglia divampa dal versante di Nasino di Albenga. "U megu", con i suoi, tenta un colpo di mano per rifornirsi di munizioni. Il tentativo fallisce. Cascione, gravemente ferito, rifiuta ogni soccorso e tenta di coprire il ripiegamento dei suoi uomini. Ma due di loro non se la sentono di abbandonarlo e tornano indietro: Emiliano Mercati e Giuseppe Castellucci incappano nei fascisti. Mercati sfugge alla cattura, ma Castellucci, ferito, è selvaggiamente torturato perché dica dov’è il comandante. Cascione, quasi agonizzante, sente i lamenti del suo uomo seviziato, si solleva da terra e urla: "Il capo sono io!". Viene crivellato di colpi.
Per il coraggio dimostrato, a Felice Cascione fu conferita la medaglia d’oro alla memoria.
Redazione,
Cascione, il partigiano che fece fischiare il vento, UniBo Magazine, 21 aprile 2005

Mondovì - Tonino Simonti alias “Fedor”, l’ultimo componente della gloriosa “Banda Felice Cascione”, si è spento all’età di 95 anni. Amico intimo e fedele guardia del corpo dell’eroe nazionale Felice Cascione, fu lui in quel tragico 27 gennaio 1944, ad Alto (CN), ad individuare le truppe nazi-fasciste che salivano ad attaccare i partigiani di Felice Cascione e a dare l’allarme ai suoi compagni. "Mi ricordo bene quel giorno" - raccontava Fedor -. "Ero di guardia insieme a Cisgrè, erano le 6.30 circa e faceva un gran freddo. Eravamo in allerta per possibili attacchi tedeschi perché due giorni prima era scappato uno dei prigionieri fascisti catturati nella battaglia di Montegrazie. Il Battaglione tedesco ci attaccò con mezzi pesanti dal basso, nello scontro a fuoco Cascione fu ferito a una gamba, rifiutò ogni tipo di soccorso per non mettere a repentaglio le nostre vite e per non pregiudicare la nostra ritirata. Ci ordinò di seguire Vittorio Acquarone (suo cugino) e di scappare verso Alto per mettere in salvo la banda. Ci siamo diretti verso la mulattiera che portava a Ormea e quando abbiamo saputo che Cascione era stato ucciso, ci siamo messi a piangere come dei bambini". I funerali si terranno mercoledì alle 15 in forma civile al cimitero di Imperia Oneglia.
Sandra Aliotta, Si è spento il partigiano Tonino Simonti, LaGuida.it, 27 novembre 2019


"Il tuo nome è leggenda, molti furono quelli che infiammati dal tuo esempio s'arruolarono sotto la tua bandiera...": così Italo Calvino ricordava nei suoi scritti la figura di Felice Cascione.
Nato a Imperia nel 1918, antifascista attivo dal 1940 (fu anche incarcerato per aver partecipato a manifestazioni antifasciste), Cascione si laureò in medicina nel 1943. A partire dall'8 settembre iniziò il suo cammino di partigiano fondando a Magaletto [località di Diano Castello (IM)] la Prima Brigata partigiana dell'imperiese, che guidò sui monti della Liguria fino al 27 gennaio del 1944, quando trovò la morte ad Alto durante uno scontro con i nazifascisti.
A indirizzarli c'era proprio quel Michele Dogliotti che Cascione aveva fatto prigioniero due mesi prima e che si era rifiutato di fucilare: "Ho studiato venti anni per salvare la vita di un uomo e ora voi volete che io permetta di uccidere?"
Le gesta di Cascione e le circostanze della morte, quando si fece uccidere nel tentativo di salvare un suo compagno, rappresenta una straordinaria pagina di storia, una pagina eroica della storia d'Italia, da tramandare ai posteri.
Nel ricordarlo, convinti che con la storia del passato si possa costruire il nostro futuro, il sogno che abbiamo è quello di recuperare il casone, oggi in stato di abbandono, dove fu scritta la canzone "Fischia il vento", divenuta inno della Resistenza.
Per far questo abbiamo chiesto aiuto a due suoi compagni ancora in vita, affinchè la loro testimonianza metta in luce la personalità del comandante partigiano Felice Cascione.
Tonino Simonti (nome di battaglia Fedor e che faceva parte del distaccamento "Felice Cascione", ci racconta di quei giorni.
"Sono passati tanti anni, a me Cascione è rimasto nel cuore, era un uomo come si deve, con grande dignità. A casa ho molte foto di Felice. Lui era dottore a Porto Maurizio ma non lo conoscevo di persona. Con lui sono stato tre, quattro mesi. Sono salito in montagna sopra Pontedassio il 28 settembre del 1943 e la banda era composta solo da una decina di partigiani. Un uomo così, con il suo altruismo non l'ho mai incontrato. Era avanti cinquanta anni con la testa. La cosa che più mi ha colpito era il trattamento che Cascione riservò ai due prigionieri. Dopo averli salvati da morte sicura, li trattava come se fossero stati partigiani, ci raccomandava sempre che i prigionieri andavano trattati da prigionieri e ci diceva che lui aveva studiato una vita per salvare vite umane e non si poteva permettere di uccidere una persona. Pensate che quando da Oneglia arrivavano le sigarette, ne dava sempre due a testa compreso loro due, divideva con loro il pranzo e le coperte. Non capisco ancora oggi perché abbiano voluto scappare, erano già due mesi che stavano con noi. Vi voglio raccontare due episodi significativi. Una volta una donna della valle ci disse che suo figlio di 5 anni era caduto e si era fatto male ad un piede. Felice prese dal suo zaino i 'ferri del mestiere', scese al paese e curò il bambino. La donna disse a 'u megu' cosa potesse dargli in cambio e lui rispose di portare da mangiare ai suoi uomini che stavano morendo di fame. La donna arrivò con un cesto di castagne e un sacco di altra roba, questo per farvi capire la sua onestà. Un altro episodio: un giorno Cascione ordinò a me a Cigrè di pulire delle patate, ma presi dalla fame, due ce le siamo mangiate prima di portarle a tavola. Felice lo scoprì e ordinò di legarci al palo della chiesa. In un secondo momento, decise di salvarci dalla punizione perché era il giorno di un santo particolare. Ma avevamo tanto rispetto per lui che ci siamo presi una punizione da soli e decidemmo di saltare il pranzo a mezzogiorno, ma 'u megu' dopo una bella ramanzina decise di farci mangiare".
Improvvisamente Tonino cambia registro e ci racconta di Cascione giocatore di pallanuoto. "Era da nazionale e quando tirava i palloni in porta usciva dall'acqua con il ginocchio, era uno spettacolo. Ci teneva molto alla nostra condizione fisica e in montagna ci faceva fare sempre esercizi fisici per rimanere in forma".
Chiediamo a Tonino di raccontarci la giornata fatale.
"Mi ricordo bene quel tragico 27 gennaio, io ero di guardia insieme a Cigrè, erano circa le 6,30 del mattino e faceva un gran freddo. Eravamo in allerta per possibili attacchi tedeschi perché due giorni prima era scappato uno dei prigionieri fascisti catturati nella battaglia di Montegrazie. Il Battaglione tedesco ci attaccò con mezzi pesanti dal basso, nello scontro a fuoco Cascione fu ferito ad una gamba, rifiutò ogni tipo di soccorso per non mettere a repentaglio le nostre vite e per non pregiudicare la nostra ritirata. Ci ordinò di seguire Vittorio Acquarone (suo cugino) e di scappare verso Alto per mettere in salvo la banda. Ci siamo diretti per la mulattiera che portava verso Ormea e quando abbiamo saputo che Cascione era stato ucciso, ci siamo messi a piangere come dei bambini".
Ora parliamo con Silvano Alterisio, "il migliore" come amavano definirlo i suoi compagni, autore con Felice Cascione e Giacomo Sibilla, nome di battaglia 'Ivan', dei versi della canzone 'Fischia il vento' che divenne l'inno ufficiale di tutte le Brigate Garibaldi del Nord Italia.
Gli spieghiamo che l'iniziativa che stiamo portando avanti ha come obiettivo quello di cercare di recuperare i valori della Resistenza che hanno portato a liberare l'Italia e vogliamo far conoscere ai giovani la loro voce.
"Non era così semplice la vita partigiana, perché abbiamo incontrato molti ostacoli e problemi, anche per colpa nostra forse. Siamo stati troppo leggeri e incapaci di gestire il movimento. Abbiamo portato avanti i valori della Resistenza ma non come avremmo dovuto fare. Molti compagni dopo la guerra sono cambiati, all'inizio era una cosa sincera, in seguito sono nate diverse incongruenze. Ultimamente con gioia vedo un recupero di questi valori. Il mio ricordo di Felice Cascione? È stato effettivamente unico, come lui ce ne erano pochi, era sempre a contatto con i partigiani e pronto ad aiutare gli amici e tutti gli abitanti della zona, era coraggioso e semplice e talmente tanto intelligente che a volte non riuscivamo a comprenderlo" [...]
Christian Flammia e Andrea Ghirardo, Intervista a due partigiani del comandante Felice Cascione, l'autore di "Fischia il vento", ANPI, 29 novembre 2012

sabato 23 novembre 2019

Il partigiano "5 minuti"

Strada San Sebastiano a Vallebona (IM)
 
In primo piano un tratto delle colline che collegano Negi di Perinaldo a San Sebastiano di Vallebona e che nascondono alla vista Vallecrosia

Rosina
(Luciano Mannini) racconta: "Il servizio di informazioni militari, esplicato dalla missione «Leo» in Italia con i comandi alleati, ebbe inizio alla fine del settembre 1944, con l'arrivo nella zona della V^ Brigata [d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni"] di ufficiali americani ed inglesi giunti attraverso i passi montani dal Piemonte, ove erano stati paracadutati. Il capitano Leo [Stefano Carabalona], attestato allora a Pigna, comandante del distaccamento che li ospitava e che provvide in seguito a farli condurre - parte attraverso i valichi alpini e parte via mare - in Francia, stabilì col capo della missione alleata [Missione Flap] i primi accordi che dovevano condurre alla formazione di un gruppo specializzato che collegasse, per mezzo di una rete segreta, la nostra zona a quella occupata dagli alleati e fungesse da centro di raccoglimento e di smistamento di notizie militari e politiche interessanti la lotta". La missione Leo alla quale appartenevano Rosina, Lolli [Giuseppe Longo], Giulio Pedretti, ed alcuni altri giovani che si erano temprati nelle lotte di montagna, si portò a Nizza nel [il 10] dicembre 1944, dopo due mesi di utile lavoro preparatorio, per mezzo della leggendaria imbarcazione guidata dall'infaticabile «Caronte» Giulio Pedretti e da Pascalin [Pasquale Pirata Corradi, di Ventimiglia (IM), come Pedretti]. A Nizza, Leo si incontra con i responsabili dei servizi speciali alleati e prepara il piano definitivo di lavoro, che comportava, fra l'altro, l'uso di apparecchi radio trasmittenti, per i quali la missione aveva già predisposto gli operatori. Nel gennaio 1945 la missione rientra in Italia, dove il terreno era già stato preparato in anticipo. Si organizza e comincia a funzionare in pieno. 
Mario Mascia, L'Epopea dell'Esercito Scalzo, Ed. ALIS, 1946, ristampa del 1975   

[n.d.r.: i rapporti dei partigiani imperiesi con gli alleati si intensificarono a dicembre 1944. Comandante della Missione Militare presso il Comando Alleato, con vice comandante Lolli (Giuseppe Longo), era Stefano Leo Carabalona, già valoroso responsabile di distaccamento, operante in Alta Val Nervia, distintosi in particolare nella battaglia per Pigna (IM) e destinato a rimanere gravemente ferito l'8 febbraio 1945 a Vallecrosia (IM) in un agguato teso da agenti nazisti. In questo contesto si inquadra la presente testimonianza]

[...] L'operazione più importante alla quale partecipai fu la fuga dei 5 prigionieri alleati che trasportammo in Francia. I 5 soldati erano 2 americani, 2 inglesi e un francese. Gli inglesi erano: Michael Ross, capitano del Welch Regiment; Bell Cecil "George", tenente della Highland Light Infantry. Il francese era Fernand Guyot, pilota. Gli americani erano i piloti Erickson e Klemme: non ne so né il nome, né il reparto, né altri dettagli, solo che erano piloti [da ricerche fatte compiere presso l'Istituto Storico dell'US Air Force Giuseppe Mac Fiorucci appurò che si trattava di Lauren Erickson, tenente pilota di P38 Lightnings, 1° Gruppo 270° Squadrone, e Ardell Klemme, (1) tenente pilota di bombardieri B25, 340° gruppo, 489° Squadrone]. Dopo l'8 settembre 1943 erano fuggiti dai campi di prigionia e avevano vagato per l'Italia settentrionale alla ricerca di un passaggio per la Svizzera o per la Francia liberata. La Resistenza li nascose a Taggia (IM) per qualche tempo, sperando nell'arrivo di un sottomarino per metterli in salvo. Nel febbraio del 1945 il Comando decise di tentare da Vallecrosia. 

(1) [ Klemme era caduto in prossimità di Breme, in Lomellina. E’ interessante notare come gli aviatori finiti in quel lembo di pianura pavese chiamato Lomellina potessero andare incontro ai più diversi destini [...] Klemme, caduto al confine con il Piemonte, fu dunque indirizzato verso il Monferrato e si ritrovò con Harris. Entrambi, purtroppo, persero il volo del 19 novembre. Il giorno successivo, i tedeschi attaccarono il campo d’aviazione di Vesime, se ne impadronirono e dissestarono il terreno di volo arandolo ripetutamente. I partigiani sarebbero nuovamente riusciti a rimetterlo in funzione, ma non prima della primavera successiva. Sfumata questa possibilità, Augusto Bobbio decise di trasferire Harris e Klemme a Prea, nella zona di Cuneo. I due aviatori, marciando sempre di notte, giunsero a Prea tra la fine di novembre e l’inizio di dicembre del 1944. Furono presi in consegna dai partigiani di un’altra formazione autonoma, la Divisione Alpi di Pietro Cosa, che operava in collegamento con una Missione militare anch’essa britannica. Di quest’ultima Missione aveva fatto parte, tra agosto e ottobre, un singolare personaggio, il capitano canadese Paul Morton [...]
Alberto Magnani, I sentieri della salvezza. Aviatori americani e resistenza italiana tra Piemonte e Liguria in Gruppo Ricercatori Aerei Caduti Piacenza (Grac)

Da informazioni non controllate o da semplici supposizioni popolari sembra invece che Dell Klemme si sia salvato [...] passare e ripassare più volte  a volo radente su Pecetto un aereo il quale, raggiunta l'altezza del Castello, avrebbe effettuato alcune scivolate d'ala per trasmettere l'ultimo saluto ai suoi amici di un tempo. Il pilota di quell'aereo sarebbe stato Dell Klemme.
Osvaldo Mussio, Tra lo Scrivia e il Po. Uomini e episodi della Resistenza, Edizioni dell'Orso, 1982  ]


Fui incaricato di prelevare i 5 al solito posto vicino a Negi. [...]

 
Il solito posto, cui si fa riferimento nella testimonianza, era la grotta naturale in Località Cagadiné sul Monte Caggio, in cui sgorga anche una sorgente naturale. Un sito sovrastante un sentiero per la Frazione Borello di Sanremo (IM). Voci popolari raccontavano di disertori della Grande Guerra, nascosti in quella cavità (Fiorucci, Op. cit. infra)

Ubbidirono [quel gruppetto di ex prigionieri * alleati che i partigiani dovevano contribuire a condurre in salvo in Francia] non senza proteste. 
 
[ * Un importante precedente di esfiltrazione di ex prigionieri alleati verso le loro linee in Francia si ebbe ai primi di ottobre 1944 in occasione del passaggio da Pigna (IM), mentre infuriava la battaglia a difesa della libera Repubblica Partigiana, di una missione di ufficiali alleati, che avevano preso con loro i fuggitivi: come riportato a questo link. ]
 

Ma fu una buona idea. Procedendo attraverso gli uliveti, poco dopo Vallebona (IM), nell'attraversare il sentiero (adesso è una strada carrozzabile) che da Vallebona va a San Sebastiano, quasi finimmo in braccio a una pattuglia tedesca che da Vallecrosia Alta andava a Vallebona e si era fermata per una breve sosta proprio all’altezza della croce dei Padri Passionisti.

I cinque si convinsero che marciare raggruppati e scalzi era una buona scelta. Acquattati fra gli alberi di olivo, attendemmo che la pattuglia tedesca si allontanasse prima di riprendere la marcia verso Vallecrosia. 
Il tenente inglese Bell continuava a chiedermi quanto tempo mancasse all’arrivo, e io rispondevo sempre “5 minuti”. Seppi poi nel dopoguerra che, nelle sue memorie che annotava nel diario che custodiva gelosamente, mi aveva soprannominato proprio “5 minuti”.

Arrivammo a Vallecrosia (IM) dopo mezzanotte [diverse fonti indicano che era il 10 marzo 1945; il tragitto da Negi al mare si era svolto nella notte tra il 9 ed il 10].

Doveva giungere dalla Francia o un sommergibile o il motoscafo di “Caronte” [Giulio "Corsaro" Pedretti] per prelevare gli ex prigionieri.

Aspettammo fin quasi all’alba. Non arrivò nessuno. Questo fu un grave imprevisto: un conto è nascondere cinque soldati alleati in montagna, altro è nasconderli in un centro abitato bombardato dagli alleati e sottoposto a continui rastrellamenti. 
Li nascondemmo a sua insaputa nella casa di Fortunato Lazzati, vicina all’abitazione di Achille [“Andrea” Lamberti].

Fortunato era sfollato a Vallecrosia Alta e aveva sbarrato la porta della sua casa … ma non gli scuri della finestra. Caso volle che Fortunato proprio l’indomani scendesse da Vallecrosia Alta per prendere qualcosa in casa. Sollevato lo sportellino della finestra vide i cinque sconosciuti dormire sul pavimento. Chiuse e scappò non ritornando che a guerra conclusa. 

Prelevammo un’altra barca dal solito deposito, la predisponemmo alla meglio e la portammo al mare attraverso Via Impero.
...
Dapprima si dovette concordare la cosa con la postazione dei bersaglieri [i bersaglieri del sergente Bertelli collaboravano clandestinamente con il Gruppo Sbarchi Vallecrosia dei partigiani] e soprattutto addormentare il tedesco. Infatti con la postazione dei bersaglieri c’era un soldato tedesco di collegamento con la guarnigione tedesca accasermata in via Roma, all’altezza della centrale elettrica di trasformazione. Quando dovevamo effettuare uno sbarco, il tedesco veniva addormentato con del sonnifero nel vino; quando non c’era il sonnifero [procurato alla bisogna dal dottor Salvatore Marchesi]… solo con il vino Rossese. Incaricato dell’operazione di addormentare o ubriacare il tedesco era Achille.

Più di una volta Achille raccontò che in una delle ultime bevute il tedesco biascicò e gesticolò qualcosa che gli dette a intendere che aveva capito tutto: "Versa, versa ancora che dormire... gut… "


La barca, scelta troppo frettolosamente, non aveva i soliti pianali che si adagiano sul fondo per evitare di appoggiare direttamente sul fasciame.

[Bell e Ross avevano già alle spalle una lunga serie di eventi, qui riferiti in modo molto sintetico. Erano fuggiti, come tanti altri prigionieri di guerra, in seguito agli eventi connessi all'8 settembre 1943. Ai primi di novembre 1943 erano arrivati in provincia di Imperia, dove in seguito ad un fortuito incontro furono accolti dal martire della Resistenza (arrestato il 6 gennaio 1944, deportato a Genova e fucilato dalle SS il 19 maggio 1944 sul Turchino) Renato Brunati, in quel momento a capo di 7 o 8 partigiani, che avevano base in una villa vicina a Baiardo (IM), di proprietà di Lina Maiffret, compagna del Brunati, la quale dalla prigionia in Germania tornò viva. Il Brunati aveva fatto in tempo ad affidare la sorte dei due piloti all'amico e sodale Giuseppe Porcheddu, che li nascose nella sua villa Llo di Mare in Località Arziglia di Bordighera (IM). Ci fu almeno un tentativo, non riuscito, di una loro fuga in motoscafo verso la Corsica... Adriano Maini]

Imbarcati i cinque prigionieri, Enzo Giribaldi e Achille presero il largo... e la barca letteralmente si sfasciò. Udimmo qualche grido di aiuto e ci buttammo a mare per cercare di soccorrerli. Accorsero in acqua anche i bersaglier, con i quali formammo una catena tenendoci per mano. Non dimenticherò mai quella scena: freddo, mare grosso e in acqua quella catena di bersaglieri con le mantelline che galleggiavano. Sembravano funghi. Soccorremmo i primi, tra i quali uno degli americani che aveva bevuto molto e stava veramente male; Enzo Giribaldi perse anche uno degli stivali che indossava. Mancavano Achille e i due inglesi. Era strano perché Achille era un nuotatore eccezionale. Dopo qualche minuto, apparve con i 2 inglesi che spingeva a turno verso la riva e trascinando il cappotto di uno dei prigionieri.

"Tùti in tu belin a mi!": disse allora Achille. Apprendemmo che l’ufficiale inglese, Bell, non voleva liberarsi del cappotto, malgrado che, quello inzuppandosi, lo trascinasse a fondo, e rendendo ad Achille ancor più faticosa l’opera di salvataggio.
Achille glielo tolse quasi con la forza e scagliando tanti accidenti. Nel cappotto l’inglese custodiva il prezioso taccuino delle memorie: non voleva assolutamente perderlo. Altri affermarono che nel cappotto tenesse delle sterline d’oro, ma mi sembra inverosimile che un prigioniero di guerra, dopo 2 o 3 anni di campo di detenzione, possedesse ancora delle sterline d’oro. 

La corrente spinse il relitto della barca fino a Latte [Frazione di Ventimiglia (IM), vicina alla Francia] e la cosa successivamente ci creò non pochi problemi. 

I bersaglieri rientrarono nella loro postazione e sicuramente anche il tedesco li vide bagnati fradici.

Credo che Achille non sbagliasse, quando affermava che il soldato tedesco aveva capito tutto. 
I cinque prigionieri furono riportati di nuovo a casa di Fortunato. Si doveva rifocillarli e provvedere loro di vestiti asciutti. 

La panetteria Bussi a Vallecrosia (IM)
Mentre Achille procurava del pane dal forno del partigiano Francesco Bussi, sua madre pensava bene di stendere a asciugare le divise dei soldati alleati sul terrazzo … in bella vista dalla strada! Fortuna volle che, prima di qualche milite fascista, passassi io, che avvisai subito Achille del pericolo [...]

Renato Dorgia, "Plancia" **, in Gruppo Sbarchi Vallecrosia  di Giuseppe Mac Fiorucci, ed. Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia < Comune di Vallecrosia (IM) - Provincia di Imperia - Associazione Culturale "Il Ponte" di Vallecrosia (IM), 2007>  ** insignito di Croce al Merito di guerra per attività partigiana

14 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, prot. n° 436, a "R.C.B." [capitano Robert Bentley del SOE britannico, incaricato della missione alleata presso i partigiani della I^ Zona Operativa Liguria] - Comunicava che ... i garibaldini partiti tra il 5 ed il 6 marzo per la Francia non erano ancora rientrati.

19 marzo 1945 - Dal CLN di Sanremo, Sezione SIM, prot. n° 467/SIM, a "Brunero" [Francesco Bianchi], responsabile SIM della V^ Brigata "Luigi Nuvoloni" della II^ Divisione “Felice Cascione“] - Comunicava che ... "Renzo" [Renzo Stienca Rossi] era ancora trattenuto in Francia...

1 aprile 1945 - Dal C.L.N. di Sanremo, a firma di Albatros [Mario Mascia], prot. n° 517/CL, al Comando della I^ Zona Operativa Liguria, a R.C.B. [capitano Robert Bentley] ed al SIM della V^ Brigata - Veniva comunicato che i nemici avevano scoperto a Bordighera [in effetti Vallecrosia e Camporosso Mare] il luogo in cui sbarcava Renzo [Renzo Stienca Rossi], ormai strettamente sorvegliato dalle SS tedesche. "… Vi comunichiamo urgentemente che i nazifascisti hanno scoperto il luogo di sbarco di Renzo a Bordighera. Le S.S. germaniche sono state appostate sul luogo stesso ed i bersaglieri sono sotto strettissima sorveglianza. Uno sbarco, quindi, al momento attuale sarebbe pericolosissimo, anzi fatale. È essenziale che radiotelegrafiate immediatamente in Francia perché la partenza di Renzo sia rimandata in attesa di nostre disposizioni in merito a meno che non si possa lanciarlo per paracadute. Vogliate provvedere senza indugio perché ne va della vita dei nostri uomini e della nostra organizzazione…"

4 aprile 1945 – Dal Quartiere Generale rappresentante dell’Alto Comando Alleato [capitano Robert Bentley] al commissario Orsini [Agostino Bramè, commissario politico della V^ Brigata] - Veniva conferito incarico al commissario in indirizzo di avvisare i responsabili della ricezione degli sbarchi di iniziare le segnalazioni alle ore 23.15 del giorno 4 stesso per i 5 giorni successivi, mentre dal giorno 10 al giorno 12  dovevano iniziare alle ore 24.  L’intervallo tra una segnalazione e l’altra doveva essere di 5 minuti.  Si richiedevano chiarimenti sulla lettera del 29 marzo con la quale era stato comunicato che i tedeschi erano a conoscenza del punto di sbarco.

da documenti IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo I, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

venerdì 22 novembre 2019

Un ricordo del partigiano Vittorio Leo Curlo

Colle (Carmo) Langan - Fonte: Passi e salite d'Europa
 
[...] L’8 settembre del ’43 aveva colto Vittorio Curlo in quel di Sulmona sottotenente di fanteria, comandante di un plotone di addetti ai mortai, e aveva determinato la sua decisione di unirsi ai primi gruppi di “resistenti” che operavano sulla Maiella al comando della Medaglia d’Oro Vincenzo Schimba contro l’esercito tedesco che aveva invaso la penisola.

Tornato al suo paese d’origine nella primavera successiva dopo un’evasione seguita alla cattura da parte dei nazifascisti a Roccaraso, non aveva esitato a riprendere la via della montagna risalendo la Valle Argentina, aggregandosi alla formazione comandata da Guglielmo Vittorio (Vitò) e ricevendo il comando del distaccamento mortai presso il Colle Langan [Località di Castelvittorio (IM)].

Nella presenza a molte operazioni militari, lo spiccato senso strategico lo metteva in condizione di compiere in quello stesso anno (1944) almeno due interventi risolutivi: il 3 luglio, la felice individuazione della postazione di tiro non lontana da quello stesso valico che consente il passaggio dalla valle Nervia alla valle Argentina consentì ai gruppi insidiati da una poderosa azione di accerchiamento di recuperare ore preziose per sottrarsi al nemico; nel secondo, a Pigna (IM), località dell’alta valle Nervia, dal 4 all’8 ottobre, traendo in inganno i tedeschi che in forze stavano assediando il paese costituitosi in repubblica libera, procurò loro serie perdite e ne ritardò l’offensiva finale consentendo ancora una volta ai difensori di ritirarsi ordinatamente e di non essere sorpresi alle spalle.

La sua promozione a Capo di Stato Maggiore [della II^ Divisione "Felice Cascione"] all’inizio dell’anno successivo non modificava in nulla il suo stile di vita e il suo comportamento nei confronti dei compagni di lotta. Egli continuava a sentirsi semplicemente un soldato che compiva il suo dovere a fianco a fianco con i suoi uomini.
[...]
Il professor Vittorio Curlo ha scelto per sé l’immagine di uomo comune, di anti-eroe, allontanando con qualsiasi mezzo l’enfasi, la celebrazione, anche solo l’orgoglio del vincitore.
In tal modo ha nobilitato con la modestia e il silenzio la “sua” guerra di libertà e quella di molti suoi compagni.
E ha lasciato in chi lo ha conosciuto un esempio educativo di grande attualità che non potrà essere dimenticato.
[...]
L’ampio dossier raccolto dal professore, recentemente acquisito dall’Istituto Storico della Resistenza di Imperia, contiene materiali di estremo interesse documentario, soprattutto cartografico, e una serie considerevole di appunti che avrebbero dovuto sostanziare il progetto di un saggio mai scritto sulla Resistenza.

È sufficiente porre mano ad una prima lettura per ricavare quanto basta a significare le ragioni della sua scelta di campo: una scelta politica consapevole, fondata sulla necessità “storica” della partecipazione alla guerra di Liberazione. Dunque uno sguardo aperto sul mondo, non chiuso da considerazioni di opportunità, tanto meno di convenienza.

Chi crede nella nobiltà dell’uomo ed ha bisogno di coltivare la sua fede, chi avvertirà il bisogno di non rinunciare al disegno di una società più giusta e meno disattenta ai valori della vita, potrà trovare qualche ragione, qualche conforto e qualche speranza cercando la semplice croce con il suo none inciso nel minuscolo cimitero di Cetta [Frazione di Triora (IM)], piccola borgata dell’alta Valle Argentina tra i castagni, a ridosso del Colle Langan: il professore (Leo, per i partigiani), ha voluto compiere un ultimo gesto di coerenza morale affidando la custodia delle ceneri all’ospitalità della “sua” gente.

Mario Carletto (Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia), Un ricordo del partigiano Vittorio Leo Curlo, Patria Indipendente, 30 ottobre 2005


Infatti il 4 e il 5 luglio 1944 l'avanzata tedesca riprese e si concluse.
Non avevano deciso per quel tempo un rastrellamento fino agli alti monti.
Considerata la situazione, Leo [Vittorio Curlo], non conoscendo l'esatta posizione dei luoghi che portavano a Cima Marta, dove era stato stabilito il raduno, preferì ripiegare su Melosa, Belenda, Goletta, Gerbontina. Passò quindi in Valle Argentina, arrivò sino a Verdeggia e puntò deciso verso Piaggia [Frazione di Briga Alta, in provincia di Cuneo].
Aveva così potuto constatare la percorribilità delle zone.
Gli giunse subito la notizia del ritiro dei tedeschi e ritornò.
Con lui, tra gli altri, ricordo che c'erano Panatum, Seccatore, Ormea.
don Ermando Micheletto, La V ^ Brigata d'Assalto Garibaldi "Luigi Nuvoloni" (Dal Diario di "Domino nero" - Ermando Micheletto), Edizioni Micheletto, Taggia (IM), 1975

Verso la fine d’agosto 1944, in concomitanza con l’avanzata degli eserciti alleati sbarcati in Provenza, la V^ Brigata Garibaldi, forte ormai di oltre 950 uomini, iniziò un’azione convergente su Pigna (IM), tenuta da un centinaio di militi repubblicani e centro delle difese nazi-fasciste della zona di montagna…  Alla fine il nemico rinunciò a difendere le sue posizioni di Pigna: evacuò il paese e si ritirò su posizioni più arretrate (Isolabona-Dolceacqua), abbandonando nella fuga precipitosa armi e munizioni che furono recuperate dai nostri e che andarono ad arricchire l’esiguo armamento di cui la brigata era provvista. Venne occupata Pigna, dove si stabilì il comando dei Partigiani… infine il IX° distaccamento guidato da Leo il mortaista [Vittorio Curlo], insieme alla banda locale di Castelvittorio (IM), si dispose a difesa sulla linea Monte Vetta-Rio Bonda. Il cardine di tutto lo schieramento era quindi costituito da Pigna...
Mario Mascia, L’epopea dell’esercito scalzo, ed. A.L.I.S., 1946, ristampa del 1975

senza data - Testimonianza di Vittorio Curlo (Leo), suffragata da una cartina, sull'azione condotta a Bregalla nei pressi di Triora il 12 febbraio 1945, nel corso della quale i mortaisti garibaldini misero in fuga una colonna tedesca sparando alcuni colpi di mortaio da 81 mm.
da documento IsrecIm in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell’Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

martedì 19 novembre 2019

Azioni della VI^ Divisione d'assalto Garibaldi "Silvio Bonfante" ad aprile 1945

Borghetto d'Arroscia (IM) - Fonte: Wikipedia
 
26 marzo 1945 - Dal Comando Operativo [comandante "Curto", Nino Siccardi] della I^ Zona Liguria al comando [comandante "Giorgio", Giorgio Olivero] della Divisione "Silvio  Bonfante" - Comunicava che per ordine del Comando Militare Unificato Regionale [CMURL] la Divisione veniva rinominata "VI^ Divisione d'assalto Garibaldi Silvio Bonfante" e chiedeva notizie sull'imminente riunione tra CLN e garibaldini.
2 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando della VI^ Divisione - Nella relazione si affermava che nella notte precedente i soldati tedeschi avevano interrotto la strada in Località Fontana Calda tra Martinetto e Castelbianco (SV)...
3 aprile 1945 - Dalla Sezione S.I.M. della VI^ Divisione, prot. n° 126, al comando della VI^ Divisione - Si segnalava l'individuazione della spia Rina Boero a Gazzo [Frazione di Erli (SV)].
4 aprile 1945 - Dal capo di Stato Maggiore [Ramon, Raymond Rosso] della VI^ Divisione, prot. n° 23, al comando della VI^ Divisione - Comunicava le modalità di un riuscito lancio alleato: udito il messaggio radio, il giorno 2 alle ore 14.30 si era diretto ad Alto (CN), una volta avvertito Fernandel [Mario Gennari, comandante della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione]; aveva fatto stanziare gli uomini a Passo San Giacomo. Alle 21 vennero accesi i fuochi. Dopo il transito di 5 aerei, era passato quello giusto, dal quale, ricevuto il segnale Morse, si era proceduto al lancio. Nella nebbia una luce improvvisa faceva scattare l'allarme tra i partigiani. Ramon aveva poi dato l'ordine di caricare in fretta i muli con gli Sten ed i Bren e le relative munizioni. Alle ore 24 il campo era completamente sgombero. Ramon concludeva chiedendo, data la penuria di armi e di munizioni, chiarimenti circa i successivi lanci.
5 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 310, al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Emanate disposizioni per un nuovo lancio e per la condivisione, con la II^ Brigata "Nino Berio", del materiale ricevuto.
6 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava l'elenco del materiale ricevuto con il 3° lancio alleato, avvenuto [a Pian Rosso] nella stessa data, materiale in cui figuravano soprattutto 18 Sten con 8000 munizioni, 2 lanciagranate con 28 munizioni, diversi capi d'abbigliamento. 
7 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 358, ai comandi della I^ Brigata "Silvano Belgrano", della II^ Brigata "Nino Berio" e della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" - Disponeva che i comandi in indirizzo inviassero con sollecitudine le relazioni sulle ultime azioni effettuate, indicando le perdite proprie e del nemico, il bottino di guerra, il numero dei prigionieri fatti; che venissero attivate con mezzi di fortuna le linee telefoniche per mantenere i collegamenti con il comando della Divisione; che tutto il materiale bellico, e quello ricevuto con i lanci alleati, doveva essere catalogato e nascosto, se non utlizzato, in luogo sicuro.
7 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi del Distaccamento "Franco Piacentini" e del Distaccamento "Angiolino Viani" - Avvertiva che erano da poco transitati da San Damiano, diretti a Testico, 20 tedeschi, per cui occorreva aumentare la sorveglianza. 
8 aprile 1945 - Dalla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 128, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al comando della VI^ Divisione - Comunicava il miglioramento recente del SIM e che "Giglio" e "Violetta" erano due elementi "su cui si può fare affidamento".
8 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" alla sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione - Comunicava che ad Andora (SV) erano arrivati 5 individui che risultavano essere spie e che da Capo Mele ad Albenga vi erano 120 nemici, di cui 30 in convalescenza. Aggiungeva le parole d'ordine del nemico in vigore dal 1° al 16 aprile.
9 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Elio Castellari" al comando della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione - Avvertiva che la signora Giulia Capetti, il cui marito era ancora nelle mani dei tedeschi (la consorte gli avrebbe detto di "arrangiarsi") era stata posta in libertà dalla gendarmeria di Albenga (SV) a condizione di contribuire a fare arrestare il garibaldino Cimitero.
10 aprile 1945 - Da K 20, prot. n° 13, al S.I.M. della VI^ Divisione - Segnalava che "l'allarme sbarco continua ma rispetto al periodo dal 2 al 5 aprile i tedeschi non sono più tutti nei camminamenti e nelle postazioni; a Diano Marina è quasi ultimato il lavoro di sbarramento anticarro sulla discesa del ponte San Pietro: ci sono 6 buche ciascuna con 2 tronchi di binario che occupano i 3/5 della larghezza della strada; i binari sporgono inclinati per 90 cm. Nella parte della strada ancora transitabile ci sono 4 buche riempite con un getto di cemento che ha un foro quadrato nel centro".
14 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 285, al comando della III^ Brigata - Venivano date diverse indicazioni: schierarsi lungo la Val Lerrone ed a Testico; dare massimo impulso alle azioni di disturbo; previo accordo con Nello [Nello Bonsignorio, intendente della I^ Brigata "Silvano Belgrano"] fare brillare il ponte di Cesio (IM); sabotare binari e fare saltare la galleria della ferrovia.
11 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Silvio Torcello" della III^ Brigata "Libero Briganti" [II^ Zona Operativa Liguria] al comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Segnalava la necessità di un bombardamento in una località a 7 km. da Finale Ligure (SV), in cui erano dislocati circa 1.000 uomini ben equipaggiati, anche di armi pesanti, che in quella zona la popolazione appoggiava in gran parte la repubblica sociale e che le forze nemiche che presidiavano Bardineto (SV) e Calizzano (IM) [in Val Bormida] da alcuni giorni avevano abbandonato quei paesi. 
13 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al comando del Distaccamento "Franco Piacentini" - Comunicava che per ordine del comando di Divisione doveva essere eseguita la condanna dei due agenti di P.S. catturati.
13 aprile 1945 - Dal comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" ai comandi dei Distaccamenti dipendenti - Indicava, essendo prevedibile, dopo l'arrivo di molti nemici a Molino Nuovo di Andora, un rastrellamento per il giorno dopo, i movimenti da effettuare e le posizioni da raggiungere da parte dei Distaccamenti.
15 aprile 1945 - Dal commissario [Mario, Carlo De Lucis] della VI^ Divisione al comando della VI^ Divisione - Informava che: "... Cimitero [Bruno Schivo] ha attaccato il 4 aprile i tedeschi a Borghetto d'Arroscia: si parla di 4 morti e 6 feriti; Basco [Giacomo Ardissone] non è intenzionato a lasciare il Battaglione 'Turbine'"; Osvaldo [Osvaldo Contestabile, commissario della costituenda IV^ Brigata "Domenico Arnera", già Brigata "Val Tanaro"], che è guarito, probabilmente rientrerà in formazione; Fra Diavolo [Giuseppe Garibaldi, comandante della IV^ Brigata, già a capo nell'autunno 1943 di un piccolo gruppo partigiano in Cipressa (IM)] ha attaccato nei giorni scorsi una macchina tedesca ferendo un tenente colonnello: la formazione colà stanziata funziona bene e continua ad arruolare nuovi volontari...".
16 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" alla formazione garibaldina in Val Tanaro - Comunicava che "Fra Diavolo" [Giuseppe Garibaldi] era nominato comandante - commissario "Lello" [Raffaele Nante], responsabile politico "Barba" - della Brigata "Val Tanaro", dalla quale dovevano ormai dipendere il I° Distaccamento "Mario Longhi" con comandante "Franco" [Franco Bonello] e commissario "Romolo" [Romolo Gandolfo], il II° Distaccamento "Giuseppe Maccanò" con comandante "Arturo", il III° Distaccamento "Ormea", nome dato spontaneamente dai garibaldini che lo componevano, con comandante "King Kong" [Secondo Bottero] e con commissario un partigiano designato da "Lello", il IV° Distaccamento "Garessio" i cui uomini dovevano eleggere il proprio comandante ed il proprio commissario, che i 4 Distaccamenti dovevano "inviare rapportini giornalieri", che la formazione "Val Tanaro" doveva stabilire contatti con il comando della VI^ Divisione tramite la II^ Brigata "Nino Berio".
17 aprile 1945 - Dal comando della II^ Brigata "Nino Berio" della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" alla "formazione in Val Tanaro" [non era ancora stata ufficializzata la IV^ Brigata "Domenico Arnera"] - Chiedeva la presenza del comandante "Fra Diavolo" [Giuseppe Garibaldi] ad una riunione ad Alto per discutere un piano con "Basco" [anche "Blasco", Giacomo Ardissone, vice comandante della II^ Brigata].
17 aprile 1945 - Da "Lola" alla Sezione S.I.M. [Servizio Informazioni Militari] della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" - Comunicava che nella notte, presso Capo Mele, dai partigiani era stato ucciso un maresciallo tedesco e ferito un soldato e che al momento non era ancora stata eseguita alcuna rappresaglia contro la popolazione.
18 aprile 1945 - Dal comando della Divisione "Silvio Bonfante" al comando della I^ Brigata "Silvano Belgrano" - Ordine di inviare una squadra presso Martinengo [Eraldo Hanau, comandante della 13^ Brigata 'autonoma' Val Tanaro del gruppo divisioni alpine guidato dal maggiore Enrico Martini 'Mauri'], con cui erano già stati presi accordi, per ritirare alcune migliaia di munizioni per mitragliatori St. Etienne.
19 aprile 1945 - Dal comando del Distaccamento "Igino Rainis" al comando della II^ Brigata "Nino Berio" - Relazionava che sulla strada per Calderara [comune di Pieve di Teco (IM)] una squadra di 4 uomini del Distaccamento aveva attaccato un carro tedesco, uccidendo 2 soldati e ferendone un altro, ma che, mentre si tentava di recuperare il materiale nemico, i partigiani venivano disturbati da 30 tedeschi nel frattempo sopraggiunti, riuscendo, tuttavia a sganciarsi.
20 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 308, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Riferiva dell'azione del 14 aprile da parte del Distaccamento "Filippo Airaldi" [II^ Brigata "Nino Berio"] a Borghetto d'Arroscia, delle due azioni del 16 nei pressi di Barche ed in Località Perinetti, dei due episodi del 18 accaduti rispettivamente nei pressi di Garlenda (SV) e vicino ad Oneglia.
20 aprile 1945 - Dal comando della II^ Divisione, prot. n° 311, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalava che "il 18 u.s. è avvenuto un lancio di cui si fornisce l'elenco del materiale ricevuto: 1 mitragliatrice Breda, 9 Sten, 2 Bren e 23 sacchetti di plastico".
23 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 324, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Comunicava che il 15 aprile i garibaldini del Distaccamento "Elio Castellari" della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" avevano attaccato una colonna tedesca mentre si trasferiva da Garlenda ad Albenga (SV) e che il 16 aprile una squadra dello stesso Distaccamento aveva aperto il fuoco contro alcuni tedeschi che si spostavano con 4 carri, ferendo 4 militari e 2 cavalli.
23 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 328, al comando della I^ Zona Operativa Liguria - Segnalava che "il 22 u.s. alle 19.30 una pattuglia del Distaccamento "Angiolino Viani" [della I^ Brigata "Silvano Belgrano"] al comando del commissario Verrina [Angelo Spilla] attaccava 3 soldati repubblichini, uccidendone due e catturandone uno".
23 aprile 1945 - Da "Boris" [Gustavo Berio, vice commissario della VI^ Divisione "Silvio Bonfante"] al comando della VI^ Divisione - Scriveva che "Frà Diavolo ha effettivamente 150 uomini... la val Tanaro è completamente nostra politicamente, lo deve essere anche militarmente".
23 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione, prot. n° 330, al Comando Operativo della I^ Zona Liguria - Segnalava che in pari data era giunto presso quel comando il capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] della Missione Alleata.
24 aprile 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante", prot. n° 340, al comando della formazione "Val Tanaro" - Comunicava la nuova denominazione della formazione, IV^ Brigata "Domenico Arnera".
22 maggio 1945 - Dal comando della VI^ Divisione "Silvio Bonfante" al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al capo della Missione Alleata [capitano Robert Bentley] - Si inviava una relazione sulle azioni effettuate dalla VI^ Divisione nel mese di aprile 1945:

Il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" entra alla Liberazione in Imperia

22 maggio 1945 - Dal comando della VI^ Divisione al Comando Operativo della I^ Zona Liguria ed al Capo della Missione Alleata [capitano Robert Bentley] - Relazione sulle azioni effettuate dalla VI^ Divisione nel mese di aprile 1945: "Il 1° aprile al comando di "Tamara" una squadra del Distaccamento "Igino Rainis" [del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio"] uccideva in un'imboscata 4 soldati tedeschi a Garessio; il giorno 4 "Cimitero" [Bruno Schivo, capo di una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi"  del Battaglione "Ugo Calderoni" della II^ Brigata "Nino Berio"] ed i suoi uomini avevano attaccato dei tedeschi a Borghetto d'Arroscia, facendo 4 morti e 6 feriti; il giorno 7 il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" [comandato da Stalin, Franco Bianchi] della I^ Brigata "Silvano Belgrano"catturava ed uccideva 2 soldati della RSI ed una SS tedesca; il giorno 10 tre garibaldini dell'Intendenza, cercando di recuperare delle armi, uccidevano un maresciallo nemico; il giorno 11 il Distaccamento "Giovanni Garbagnati" uccideva a Villa Faraldi (IM) in un agguato 6 tedeschi; il giorno 16 una squadra del Distaccamento "Marco Agnese" della I^ Brigata uccideva 2 soldati della Brigata Nera presso Diano San Pietro (IM); nello stesso giorno una squadra del Distaccamento "Costante Brando" della II^ Brigata "Nino Berio" attaccava in località Perinetti, Frazione di Vessalico (IM), 70 tedeschi uccidendone 3, mentre parte del Distaccamento "Filippo  Airaldi" della II^ Brigata  presso Borghetto d'Arroscia (IM) attaccava 25 tedeschi uccidendone 4; il giorno 17 una squadra del Distaccamento "Angiolino Viani" della I^ Brigata attaccava ed uccideva sulla Via Aurelia 2 tedeschi recuperando 1 fucile ta-pum ed 1 pistola; nello stesso giorno una squadra del Distaccamento "Giannino Bortolotti" della II^ Brigata attaccava una pattuglia nemica, uccidendo 2 tedeschi, una collaboratrice ed 1 cavallo; 3 garibaldini del Comando Operativo della I^ Zona Liguria catturavano "2 cacciatori degli Appennini"; una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" della II^ Brigata attaccava sulla strada n° 28 bis (Albenga-Pieve di Teco) un carro tedesco uccidendo 1 soldato e ferendone 3; il giorno 18 un Distaccamento della IV^ Brigata "Domenico Arnera" applicava una bomba a calamita su un autocarro tedesco; nel medesimo giorno ad Arnasco (SV) una squadra del Distaccamento "Filippo Airaldi" catturava ed uccideva 4 tedeschi; sempre il giorno 18 il capo di Stato Maggiore della Divisione Raymond Ramon Rosso uccideva un capitano tedesco ad Albenga (SV); una squadra del Distaccamento "Marco Agnese" attaccava a Garlenda (SV) una colonna tedesca causando 3 morti; una squadra del Distaccamento "Angelo Viani" attaccava il posto di blocco nemico di Molino Nuovo, Frazione di Andora (SV), causando alcune perdite tra i nemici; una squadra del Distaccamento "Igino Rainis" della II^ Brigata a Calderara, Frazione di Pieve di Teco (IM) uccideva in combattimento 2 tedeschi; il giorno 19 una squadra del Distaccamento "Costante Brando" della II^ Brigata attaccava con pezzi da 75 mm. una colonna tedesca presso Zuccarello (SV); a Nasagò, Frazione di Ormea (CN), una squadra del Distaccamento "Italo Ghirardi" della IV^ Brigata  mitragliava una macchina tedesca causando 2 morti; una squadra del Distaccamento "Mario Longhi" della IV^ Brigata "Domenico Arnera" sempre a Nasagò, Frazione di Ormea (CN), uccideva un tenente colonnello tedesco; il giorno 20 il capo di S.M. della I^ Brigata Giorgio Cis Alpron fece, con una squadra del Distaccamento "Marco Agnese", saltare 7 metri di strada nei pressi di Garlenda (SV); il capo squadra Carlo Moschin Mosca assaltava con 3 garibaldini una macchina tedesca, che per sfuggire all'attacco finiva su una mina causando 2 morti; il giorno 21 una squadra del Distaccamento "Giorgio Carrara" prelevava a Garessio (CN) 2 marescialli tedeschi che finivano in seguito fucilati...
da documenti IsrecIm  in Rocco Fava di Sanremo (IM), La Resistenza nell'Imperiese. Un saggio di regestazione della documentazione inedita dell'Istituto Storico della Resistenza e dell'Età Contemporanea di Imperia (1 gennaio - 30 Aprile 1945) - Tomo II, Tesi di Laurea, Università degli Studi di Trieste, Anno Accademico 1998-1999

... il tradimento dell'ex-garibaldino austriaco Jakob Unkelbach che fu tra le cause dell'eccidio di Testico-Poggio Bottaro del 15 aprile 1945...  
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

Approssimandosi la fine della guerra le formazioni partigiane della I^ Zona Operativa Liguria perfezionarono i collegamenti tra le Divisioni ed il Comando Operativo di Zona, incaricando il capitano Bartali [Giovanni Bortoluzzi, già a capo a settembre 1943 di una prima banda di partigiani in Località Vadino di Albenga (IM), poi dirigente sapista in quella zona, capo missione della VI^ Divisione “Silvio Bonfante” presso gli Alleati, vicecapo della Missione Alleata nella I^ Zona nei giorni della Liberazione] di tenere i contatti. Il comando della VI^ Divisione stilò una lista di 35 combattenti che avrebbero potuto essere impiegati in diversi incarichi amministrativi...
Rocco Fava, Op. cit. - Tomo I

[...] Intorno al 24 di aprile 1945 i tedeschi minavano i ponti di Cisano [sul Neva (SV)], Martinetto [Frazione di Zuccarello (SV)] e dintorni per farli saltare dopo la loro ritirata verso Garessio. [...] l'iniziativa dissuasiva sapista era sufficiente a far desistere i teutonici dal far brillare i ponti già minati. Tra i sapisti autori della sparatoria dissuasiva c'erano i fratelli De Santi, i fratelli Soldati e Beppe Scola... Il giovane sapista Mario Ardissone (Imperia) il 24 aprile 1945 era incaricato di andare sopra Vendone [(SV)]  per avvisare la banda Mingo di scendere per l'occupazione. A Castelbianco [(SV)] incontrava un certo Muciacin che, aggregandosi, portava in dote una padellata di frittelle. Per raggiungere felicemente la meta passavano per l'impervia strada dei monti... Martedì 25 aprile 1945 il Distaccamento [della III^ Brigata "Ettore Bacigalupo" della VI^ Divisione)] di Domatore [Domenico Trincheri] appoggiato dai ragazzi della SAP di Garlenda, tra cui Santino Simone e Orazio Tom Castellaro, attaccava il posto di blocco tedesco di Coasco [Frazione di Villanova di Albenga (SV)], ingaggiando un intenso scontro a fuoco che induceva gli avversari a sgombrare la posizione e battere in ritirata.
Francesco Biga in Francesco Biga e Ferruccio Iebole (a cura di Vittorio Detassis), Storia della Resistenza Imperiese (I^ Zona Liguria) - vol. V, Ed. Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea di Imperia, 2016 
 
Alassio (SV)

Nel dicembre 1944 viene formata la VI Brigata Garibaldi mentre la I^ Brigata «S. Belgrano» è ristrutturata in Divisione e prende il nome del Martire «Silvio Bonfante».
Compongono questa nuova unità tre Brigate: la «Belgrano», la «Berio» e la «Bacigalupo».   
Mentre la «Belgrano» opera nell'entroterra di Diano Marina e Andora, le due altre sono dislocate nelle vallate dell'Albenganese ed a monte di Capo Mele, Laigueglia, Alassio.
Dai diari della Divisione stralciamo alcuni dati riguardanti l'attività dei vari distaccamenti nell'ambito della nostra provincia [n.d.r.: quella di Savona], riferentisi dal gennaio all'aprile 1945.
14.1.1945: Una squadra del Dist. «F. Airaldi» al comando di «Cimitero» tende imboscate a pattuglie nemiche nei pressi di Leca.
20-28.1.1945: Tre battaglioni della Monte Rosa e quattro compagnie tedesche occupano molte posizioni chiave e iniziano sistematici rastrellamenti nelle valli dell'albenganese.
I partigiani impegnano il nemico in reiterati scontri e li attendono al varco attaccandoli durante gli spostamenti. La loro azione è infine costretta a ridursi a causa della scarsità di munizioni.
Il nemico riesce a insediarsi nell'intera Valle Pennavaria, in Valle Lerrone e nella Valle di Andora.
Violentissimi scontri hanno ancora luogo a Bosco, a Degolla, a Ubaghetta e ad Alto.
20.1.1945: Ad Onzo e in altre località viciniori i rastrellamenti impegnano pattuglie partigiane. Da entrambe le parti vi sono perdite.
9.2.1945: parte del Distaccamento «G. Catter» in missione nei pressi di Cerisola, si scontra con forze armate tedesche e le impegna a lungo infliggendo morti e feriti.
13.3.1945: alle ore 22,30 la Div. Bonfante riceve il primo aviolancio alleato. E' il Dist. «G. Catter» che predispone il campo e recupera il materiale paracadutato.
27.3.1945: oltre 200 tedeschi irrompono improvvisamente nella zona di Troasta condotti da una spia del luogo e accerchiano una squadra del Dist. «M. Agnese». Malgrado la strenua resistenza i partigiani vengono sopraffati dal numero. Il  comandante Trucco ed altri garibaldini cadono crivellati dai colpi. Dieci superstiti si difendono fino all'ultimo colpo, quindi vengono catturati. Saranno trucidati barbaramente a Pieve di Teco il 28 di Marzo. «Uccidetemi i miei compagni mi vendicheranno. Non vi dirò mai niente; siete dei vigliacchi» con queste parole risponde a chi lo interroga il giovanissimo patriota (14 anni) Roberto Di Ferro (1).
16.4.1945: squadre del Dist. «E. Castellari» attaccano carri tedeschi fra Garlenda e Albenga infliggendo sensibili perdite.
17.4.1945: elementi del Dist. «G. Bortolotti» con il mitragliere «Spazzetta» colgono di sorpresa salmerie nemiche nei dintorni di Zuccarello. Il nemico lascia sul terreno alcuni morti, i superstiti si danno alla fuga.
18.4.1945: ancora il Dist. «G. Bortolotti» entra in azione sulla statale 28 bis contro mezzi da trasporto tedeschi e infligge altre perdite al nemico.   
18.4.1945: squadre dell'«Airaldi» attaccano truppe e mezzi nemici in movimento nei pressi di Leca e di Arnasco. Le perdite inflitte sono sensibili, malgrado la violenta reazione avversaria.
Anche il Dist. «Agnese» si distingue in un'azione contro una numerosa colonna tedesca in movimento presso Garlenda. Il nemico preso sotto un preciso fuoco si disperde ritirandosi. Sul terreno rimangono morti, feriti e materiale vario.
18-20.4.1945: il Capo di S.M. della Divisione e quello della I^ Brigata con alcuni volontari del Dist. «Agnese» attaccano ad Albenga ufficiali e automezzi tedeschi. Un'autovettura viene distrutta da una mina posta sulla strada dai garibaldini: i 9 occupanti rimangono feriti o uccisi.
(1) La motivazione con la quale è stata concessa a Roberto Di Ferro cl. 1930 dice: “...esaurite le munizioni, veniva catturato e condotto dinanzi ad un giudice tedesco. Benché schiaffeggiato e minacciato di terribili torture, si manteneva fiero e sereno non paventando le barbare atrocità dell’oppressore. Le sue labbra serrate in un tenace e sprezzante silenzio, nulla rivelarono che potesse nuocere ai compagni di fede ed alla causa tanto amata. Condannato a morte rispondeva: «Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno». La brutale rabbia nemica stroncava la sua giovane esistenza interamente dedicata alla liberazione della Patria. Magnifico esempio di valore e di giovanile virtù - Pieve di Teco - 28 marzo 1945
Rodolfo Badarello - Enrico De Vincenzi, Savona insorge, Ars Graphica, Savona, Terza edizione, 1978
 
Con lettera circolare del 16 dicembre 1946 destinata probabilmente a tutti i membri dell’Assemblea Costituente, il Vicepresidente, on. Giovanni Conti, in qualità di Presidente della Commissione di Vigilanza della Biblioteca della Camera dei Deputati, chiese materiale sulla Resistenza da inviare alla Biblioteca stessa. Si riteneva, evidentemente, che l’Assemblea Costituente dovesse custodire memoria della lotta antifascista, bilanciando, in qualche modo, le collezioni della Biblioteca che erano espressione del regime fascista ed erano state oggetto di pubblicazioni bibliografiche e celebrative.
Da questa circolare è nata una piccola collezione - oggetto di questo inventario - costituita da tre buste con i seguenti contenuti:
- Un gruppo di materiali provenienti dal Comando generale del Corpo volontari della libertà, Ufficio stralcio e Archivio storico, consistenti in bollettini, notiziari, stampa clandestina e il diario della «VI Divisione d'assalto Garibaldi “S. Bonfante”»
[...] Fascicolo 5 "VI^ Divisione d'assalto Garibaldi "S. Bonfante"
Diario storico - giugno 1944-28 aprile 1945"
Autore: VI Divisione d'assalto Garibaldi "S. Bonfante"
Estremi cronologici: Giugno 1944 - 28/04/1945
Numero di carte: 107 (1 documento)
Il fascicolo contiene:
Fogli dattiloscritti con titolo Diario storico. Il diario consta di 78 pagine e 29 allegati. Nella prefazione le origini della Divisione e il raggio d’azione, negli allegati anche le perdite subite. [...]
Redazione, Carte sulla Resistenza, Biblioteca della Camera dei Deputati, Inventario, Ottobre 2017